L’uomo nel bosco, tra Hitchcock e Chabrol lo spiazzante, perverso e sconvolgente film di Alain Guiraudie
Tra Hitchcock e Chabrol c’è il pene eretto di un prete. Eticamente spiazzante, sotterraneamente perverso, cinematograficamente sconvolgente, L’uomo nel bosco di Alain Guiraudie, è un film naturalmente scandaloso. In originale s’intitolerebbe Misericordie (misericordia, insomma), e suonerebbe, visto il film fino in fondo che non spoileriamo, perfino più scioccante. Accontentiamoci invece dell’evocazione inquieta di qualcuno che […] L'articolo L’uomo nel bosco, tra Hitchcock e Chabrol lo spiazzante, perverso e sconvolgente film di Alain Guiraudie proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tra Hitchcock e Chabrol c’è il pene eretto di un prete. Eticamente spiazzante, sotterraneamente perverso, cinematograficamente sconvolgente, L’uomo nel bosco di Alain Guiraudie, è un film naturalmente scandaloso. In originale s’intitolerebbe Misericordie (misericordia, insomma), e suonerebbe, visto il film fino in fondo che non spoileriamo, perfino più scioccante. Accontentiamoci invece dell’evocazione inquieta di qualcuno che passeggia in un bosco autunnale dell’Aveyron, nel sud ovest della Francia, alla ricerca di funghi, di aria pulita o forse di un amore non corrisposto.
Jeremie (Felix Kysyl) torna nel paesino di Saint-Martial per il funerale di un panettiere per il quale ha lavorato e con il quale pare fosse molto legato. Ad accoglierlo, perfino per qualche giorno di sosta in casa a dormire, c’è la vedova, Martine (Catherine Frot). La presenza del ragazzo scatena subito la gelosia di Vincent, figlio del morto, amico d’infanzia, di lotte e di violenti litigi con botte di Jeremie, ma rimette anche in circolo vecchi legami che sembrano essere rimasti sospesi in un tempo rarefatto: la tensione con il burbero e solitario contadino Walter e l’attenzione intrusiva del parroco del villaggio Philippe (Jacques Develay).
Provocato continuamente da un duplice, ammiccante e violento, corteggiare di Vincent, Jeremie uccide l’amico a pietrate in un impeto nemmeno troppo acceso, ne occulta il cadavere nel bosco e abbozza infine un alibi per familiari e conoscenti del morto, come per i due poliziotti che faticano a credergli, continuando a dormire a casa della vedova ora pure mamma di uno scomparso. Giocato sulla graduale creazione di una insinuante, sinistra, controllata atmosfera metafisica attorno al delitto e alla copertura della colpa, come alla chiusa provincialità del luogo, il film di Guiraudie è una specie di Twin Peaks in miniatura, con riusciti slanci apparentemente sovrannaturali e una scabrosa titillante pansessualità che avvolge l’intera piccolissima comunità coinvolta nella scomparsa di Vincent.
Spogliato di qualsivoglia orpello musicale di accompagnamento, avvolto da una fascinosa penombra in esterni giorno e notte (lavoro fotografico semplice, pulito, profondo di Claire Mathon), L’uomo nel bosco possiede una struttura narrativa e di dialogo bressonianamente essenziale al servizio di una serie di palpitanti, ricorrenti, perfino blasfemi dubbi sul desiderio e sulla morte. Del resto la u-turn del film è questa sorta di confessione al contrario tra il prete e Jeremie, con il ragazzo al posto del sacerdote nel confessionale e il prete ad aprirsi, in una vertigine morale ed erotica che lascia senza fiato. Il camera-car che apre il film, e spesso ricorre nell’ora e 43 successiva, vale tutto il cinema italiano del 2024 (2023 e forse anche 2022) su cosa significhi il senso di un’inquadratura, e di un movimento di macchina, nel costruire sostanza e stile di un film. Guiraudie aveva già stuzzicato gli spettatori nel 2013 con Lo sconosciuto del lago, ma qui si supera con spudorata maturità. Distribuisce Movies Inspired.
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