Limitazioni ad uso di "signore" e "signora": il parere della Corte UE [VIDEO]

lentepubblica.it Nel suo ultimo approfondimento video il Dottor Simone Chiarelli, con l’aiuto dell’Avvocato Lorenzo Tamos, parla delle limitazioni ad uso di “signore” e “signora”: il parere della Corte UE. Il caso ruota attorno alla questione sollevata dalla compagnia ferroviaria SNCF Connect, la quale, durante l’acquisto di biglietti e abbonamenti online, obbliga i propri clienti a selezionare […] The post Limitazioni ad uso di "signore" e "signora": il parere della Corte UE [VIDEO] appeared first on lentepubblica.it.

Feb 6, 2025 - 13:22
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Limitazioni ad uso di "signore" e "signora": il parere della Corte UE [VIDEO]

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Nel suo ultimo approfondimento video il Dottor Simone Chiarelli, con l’aiuto dell’Avvocato Lorenzo Tamos, parla delle limitazioni ad uso di “signore” e “signora”: il parere della Corte UE.


Il caso ruota attorno alla questione sollevata dalla compagnia ferroviaria SNCF Connect, la quale, durante l’acquisto di biglietti e abbonamenti online, obbliga i propri clienti a selezionare un appellativo tra “Signore” o “Signora”. Tale procedura ha scatenato il reclamo di un cittadino, che ha ritenuto tale pratica inadeguata e in contrasto con la normativa europea sulla protezione dei dati.

La denuncia e il ricorso

Il ricorrente ha presentato un reclamo alla Commissione Nazionale per l’Informatica e le Libertà (CNIL) in Francia, sostenendo che la raccolta di dati relativi agli appellativi fosse in violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Secondo il ricorrente, la richiesta di fornire un titolo come “Signore” o “Signora” non era necessaria per l’esecuzione di un contratto di trasporto e violava i principi di minimizzazione dei dati e trasparenza stabiliti dal regolamento. La CNIL, tuttavia, ha inizialmente respinto il reclamo, sostenendo che la raccolta fosse conforme alla normativa, poiché la personalizzazione della comunicazione era considerata una prassi legittima e necessaria per l’erogazione del servizio.

Il ricorso del cittadino e l’intervento della Corte UE

Non soddisfatto della decisione della CNIL ha quindi portato il caso davanti al Conseil d’État, il più alto organo giuridico amministrativo francese, che ha sospeso il procedimento e sollevato una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il punto cruciale era determinare se la raccolta obbligatoria degli appellativi fosse compatibile con i principi di necessità e minimizzazione dei dati stabiliti dal GDPR. La Corte è stata chiamata a chiarire se tale raccolta fosse giustificata dalla necessità di personalizzare la comunicazione o se, al contrario, rappresentasse una violazione dei diritti individuali, in particolare in relazione alla libertà di autodeterminazione del genere e al diritto alla privacy.

La decisione della Corte di Giustizia

La Corte ha stabilito che il trattamento dei dati personali relativo agli appellativi dei clienti non è “oggettivamente indispensabile” per l’esecuzione del contratto di trasporto. Secondo i giudici, l’utilizzo di un titolo come “Signore” o “Signora” per personalizzare la comunicazione commerciale non può essere considerato necessario né per il buon esito del contratto né per il perseguimento di legittimi interessi da parte dell’impresa.

Inoltre, la Corte ha rilevato che il trattamento di tali dati potrebbe risultare in un rischio di discriminazione, soprattutto nei confronti di persone che non si identificano con uno dei due appellativi tradizionali.

Anche se l’azienda sostiene che l’obiettivo fosse solo quello di migliorare la comunicazione con i clienti, la Corte ha ritenuto che la personalizzazione attraverso l’appellativo possa violare i diritti e le libertà fondamentali degli individui, soprattutto nel contesto di una crescente sensibilità rispetto all’identità di genere e alla libertà di scelta in merito alla propria espressione.

Le implicazioni per il trattamento dei dati personali

La Corte ha precisato che, nel valutare la necessità di raccogliere dati personali come l’appellativo, le imprese devono considerare se tale pratica è strettamente necessaria per l’adempimento del contratto o per il perseguimento di interessi legittimi, e se non violi i diritti delle persone. In particolare, i dati relativi agli appellativi non devono essere raccolti in modo indiscriminato e, qualora non strettamente necessari, il trattamento deve essere evitato. La decisione della Corte ribadisce anche l’importanza di garantire che i consumatori siano pienamente informati e consapevoli della raccolta dei loro dati personali, rispettando sempre i principi di trasparenza e limitazione dell’uso delle informazioni.

Un passo verso una maggiore tutela dei diritti individuali

La sentenza della Corte di Giustizia dell’UE costituisce un passo importante nella protezione della privacy e dei diritti individuali all’interno dell’Unione Europea. Essa riafferma il principio secondo cui le aziende devono giustificare la raccolta e il trattamento dei dati in modo chiaro e coerente con le necessità effettive, senza invadere la sfera privata degli individui. In un’epoca in cui la protezione dei dati è una questione centrale, questa decisione offre una chiara guida alle imprese su come gestire i dati sensibili, rispettando le normative europee e tutelando i diritti dei consumatori.

Limitazioni ad uso di “signore” e “signora”: il parere della Corte UE [VIDEO]

Per illustrare questa interessante materia, Simone Chiarelli, dirigente di Pubblica Amministrazione Locale ed esperto in questioni giuridiche di diritto amministrativo nei settori degli appalti, SUAP, e disciplina generale degli Enti locali, ha messo a disposizione un video grazie al supporto dell’Avvocato Lorenzo Tamos.

Qui il testo della causa esaminata dalla Corte di Giustizia Europea.

Potete guardare il video nel player qui di seguito.

 

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