La scuola di Manzi e la scuola di Valditara

Nell’anno del centenario della nascita di Alberto Manzi, il maestro che ha insegnato a leggere e scrivere a milioni di italiani, assistiamo a un ritorno all’antico che sconfessa il concetto di imparare a pensare L'articolo La scuola di Manzi e la scuola di Valditara sembra essere il primo su Galileo.

Jan 20, 2025 - 00:54
La scuola di Manzi e la scuola di Valditara

E’ appena terminato l’anno in cui è stato festeggiato il centenario della nascita di Alberto Manzi, il maestro che, al di là dei successi televisivi di “Non è mai troppo tardi”, ha insegnato per anni nella scuola elementare sviluppando una didattica che portasse i suoi alunni a imparare a pensare. Eppure, nonostante i tributi e i riconoscimenti, i convegni e i saggi, non sembra che sia restato molto di quell’esperienza, nella scuola attuale e in quella prefigurata dall’attuale riforma del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

Una scuola del pensiero

Manzi proponeva l’esperienza concreta e l’attenta osservazione dei fatti, lo sviluppo del linguaggio anche attraverso giochi, rappresentazioni e provocazioni cognitive, ascolto reciproco nelle discussioni che partivano dalla elaborazione di un problema. Tutto questo era alla base di una formazione non frammentaria, che privilegiava i collegamenti tra le diverse modalità disciplinari anziché le singole materie, e sviluppava in ciascuno le capacità di ragionamento e di ricerca.

La lettera degli alunni

Lo si vede bene nella lettera che pubblichiamo in calce. Risale agli anni Ottanta. Qui gli alunni del maestro Manzi si rivolgono ai “Signori che comandano” e – retorica a parte – esprimono i loro desideri contrapponendoli a quelli indotti da una “scuola-punizione”, incapace di rispettare la loro voglia di vivere e di crescere. Questi bambini (hanno poco più di otto anni) hanno già occhi per guardare la bellezza del mondo, tanto da offrire ai Signori che comandano (e a quelli che non comandano) un aiuto per guardarla insieme. Ma sanno anche che i Signori che comandano hanno occhi solo per il loro potere e i loro soldi, che non hanno voglia di affrontare i grandi problemi del mondo, dalla fame allo sfruttamento del lavoro dei bambini. Con parole loro, questi ragazzi chiedono quello che con altra autorità chiede la Costituzione Italiana, chiedono il rispetto dei loro diritti in una scuola che usi il sapere per costruire voglia di vivere e di capire, che consenta uno spazio e un tempo in cui la costruzione della loro esperienza del mondo sia guidata da adulti colti e responsabili. Il loro sguardo nasce da una pratica di partecipazione attiva alla conoscenza, intesa in senso ampio, costruita giorno per giorno su letture, immagini, esperienze e discussioni, in cui i problemi vengono affrontati nelle loro sfaccettature e non parcellizzati o spezzettati in discipline e in pagine di sussidiari.

Invenzione e creatività

Sono passati quasi cinquant’anni da quella lettera, e la generosa offerta di aiuto per guardare il mondo proposta dai ragazzi di Manzi non ha trovato riscontro, non solo negli adulti del loro tempo ma neanche in quelli di oggi: il gioco, l’invenzione, la creatività problematica non abitano più la scuola, né ve ne sono tracce nelle attuali proposte ministeriali. Il disinteresse sociale per la cultura aumenta, i risultati documentati dai sistemi di valutazione internazionali, come i dati sull’abbandono scolastico e le  migrazioni all’estero, non sembra che abbiano sviluppato la partecipazione ai gravi problemi della collettività. Sarebbe forse stato meglio aver dato ascolto a ciò che cercava di insegnare il maestro Manzi: imparare a pensare con attenzione e allegria, giocare con le idee, accettare il dubbio e l’errore, saper esprimere il proprio pensiero e aggiustarlo nello scambio con gli altri, per costruire gradualmente, insieme, un ricco patrimonio di conoscenza sul mondo che abbiamo ancora a disposizione.

 

Lettera  ai Signori, da parte dei bambini della scuola di Alberto Manzi

Ai signori che comandano e anche a quelli che non comandano

Ci hanno detto di chiedervi qualcosa, non sappiamo perché, ma ce lo hanno detto. Così la prima cosa che vogliamo chiedervi è perché solo questa volta possiamo parlare con voi e altre volte no. Abbiamo sempre bisogno di parlare e questa è la prima cosa che vorremmo da voi. Poi non vogliamo chiamarvi Signori. Se vi chiamiamo Signori significa che voi siete i padroni e noi i servi, che voi siete i ricchi e noi i poveri, che voi comandate e noi dobbiamo solo obbedire. Vi vogliamo invece chiamare per nome, come voi chiamate noi per nome e pensiamo che sia la cosa più bella, forse ci capiremo meglio e questa è la seconda cosa che vi chiediamo. Vedete, non stiamo chiedendo grandi cose. 

Non vi chiediamo di fare finire tutte le guerre, tanto sappiamo che non lo volete fare; non vi chiediamo di far cessare la fame in tutto il mondo, tanto sappiamo che non volete farlo. Non vi chiediamo che ogni bambino possa vivere da bambino senza dover morire sul lavoro, senza dover  faticare come un uomo grande, perché sappiamo che neanche questo volete fare, altrimenti lo avreste già fatto. Non vi chiediamo giustizia perché questa parola l’avete ripetuta e la ripetete così spesso che non sappiamo più cosa vuole significare.

Vi chiediamo invece di cercare di capire i problemi di tutti, non solo i vostri o dei vostri partiti.  Vi chiediamo di darci delle scuole dove si possa vivere e crescere e non scuole-punizioni.

Vi chiediamo un po’ di spazio per giocare, un po’ di spazio per stare insieme, anche con voi.

Un po’ di spazio anche per i nostri genitori affinché qualche ora del giorno la passino anche con  noi.

Vi chiediamo di guardarvi intorno, nient’ altro. Possibile che non riusciate più a vedere?

Deve essere così e questo ci dispiace.

Noi siamo pronti ad aiutarvi, se volete, e possiamo venire con voi, darvi la mano e cantando e ridendo andare pazzamente a scoprire i mondo insieme.

Non vi chiediamo altro, anche perché non vogliamo disturbarvi; voi siete occupati in tante cose importanti che non avete più tempo per niente. Così siamo dispiaciuti nello scoprire che non riuscite a far vedere le cose belle, siete così occupati che non vedete più nemmeno le cose brutte, anzi non vi chiediamo più nulla perché abbiamo capito che siamo noi che possiamo darvi qualcosa, solo noi. Voi che avete tutto non potete darci nulla perché siete troppo attaccati a tutti vostri averi, noi non abbiamo nulla, ma noi siamo, noi viviamo, voi no.

Noi chiediamo che il vostro desiderio di potere e di possedere non si attacchi pure a noi. Non lo chiediamo a voi, naturalmente, lo chiediamo a noi stessi, ma non vogliamo lasciarvi soli perché siamo già  contenti solo ad aspettarvi, venite.

E se non volete venire, perché cose più importanti della vostra vita vi attendono, lasciateci vivere. Vogliamo proseguire a vivere, a piangere a gridare, a correre, perché la vita è comunque bella, malgrado voi. Non distruggetela, solo questo vi chiediamo, tornate a vivere.

Siate anche voi pazzi come noi, e vedrete, il mondo sarà meraviglioso.

Foto di Mike Fox su Unsplash

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