La riforma della sanità, Moratti: “I medici di base restino autonomi. Ma la paga diventi oraria”
La proposta dell’ex assessora al Welfare lombardo: così troveremo gli specialisti per le aree più remote. “L’Italia deve restare a tutti i costi all’interno dell’0ms, che garantisce linee guida globali”
Milano, 7 febbraio 2025 – La chiave di volta per riorganizzare la medicina di base e aumentarne la capillarità è cambiare il criterio col quale sono retribuiti i medici di famiglia: non più a seconda del numero di pazienti, ma in base alle ore lavorate. L’autonomia differenziata, cara alla Lega, non è invece soluzione necessaria per centrare l’obiettivo, anzi meglio definire i Livelli essenziali di prestazioni per scongiurare disparità tra regioni. Infine, niente vie autonomiste quando si tratta di Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Questo il pensiero di Letizia Moratti, europarlamentare e presidente della Consulta nazionale di Forza Italia, ex assessora alla Welfare lombardo.
Perché FI ritiene che i medici di base debbano restare autonomi pagati dallo Stato, a differenza della riforma allo studio del ministro Schillaci che, pare, li vorrebbe dipendenti statali?
“La proposta che abbiamo depositato alla Camera e al Senato è chiara: l’autonomia dei medici di base, attraverso la conferma del rapporto parasubordinato, garantisce una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, un miglior equilibrio tra l’attività professionale e l’attività di sanità pubblica, un servizio più capillare e, non ultimo, preserva il rapporto fiduciario tra medico e paziente. Togliere la libera professione, quindi impedire ai medici di avere un loro studio, magari senza poter neppure contare su un numero sufficiente di Case di Comunità, non garantisce la stessa capillarità”.
E le inefficienze attuali?
“Non derivano dallo status autonomo dei medici di base, ma da un’organizzazione che è datata e deve essere aggiornata nonché da una carenza di personale. Noi proponiamo un’organizzazione moderna ricorrendo alla digitalizzazione ma anche alle aggregazioni funzionali di medici, che sarebbero in grado di alleggerire il carico burocratico al quale deve far fronte un medico di base. Il 30% degli oneri che gravano sulla categoria sono burocratici, quindi serve un’organizzazione diversa. Altro aspetto cruciale è la sinergia tra specialisti diversi per sgravare i medici di base. In questo le Case di comunità possono aiutare”.
I medici di base sottolineano che già oggi lavorano più delle 38 ore settimanali da voi previste come orario minimo.
“Iniziamo a codificare che l’orario lavorativo è di 38 ore. Oggi non tutti svolgono attività per 38 ore. Poi garantiamo l’equilibrio tra libera professione e attività di sanità pubblica, mettendo a disposizione delle Regioni un numero adeguato di ore da dedicare a servizi quali screening, vaccinazioni, assistenza domiciliare. Il progetto di legge garantisce dalle 18 alle 28 ore a disposizione delle Regioni”.
Come ridurre la grave mancanza di medici di base?
“Il punto centrale della nostra proposta è il cambio di metodologia di retribuzione: retribuire i medici non più in base al numero di assistiti ma in funzione delle ore. Quale medico accetterà di esercitare la professione in un paese di montagna se si è pagati in base al numero di pazienti? Nessuno. Se si è pagati a ore, 38 ore, è diverso: il medico del paese seguirà i 400 residenti e per le restanti ore sarà a disposizione delle Case di comunità, dell’assistenza domiciliare, dei servizi ai quali lo destinerà l’Azienda Sanitaria locale”.
Per la Lega l’autonomia differenziata consentirà a regioni come la Lombardia di meglio gestire i medici di base.
“Non è necessaria l’autonomia per una riorganizzazione dei medici che sia funzionale ad un miglior servizio. E in ambito sanitario l’autonomia deve passare dalla definizione dei livelli essenziali di prestazioni, altrimenti creiamo un disequilibrio tra regioni che non garantisce quell’universalità delle cure che è un valore costituzionale”.
Il centrodestra lombardo ha votato una mozione che strizza l’occhio all’uscita dell’Italia dall’Oms. Lei che ne pensa?
“È indispensabile che l’Italia resti nell’Oms, che garantisce le linee guida in materia di pandemia e sanità pubblica a livello globale. Si può criticare l’Oms perché, quando c’è stato il Covid, ha tardato a dichiarare la pandemia ma io credo nel lavoro dall’interno, l’uscita ci isolerebbe. Bisogna restare anche senza gli Stati Uniti”.