La lotta contro le Mutilazioni Genitali Femminili arriva al Parlamento Europeo
Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica radicata in diverse parti del mondo, dall’Africa all’Asia fino ad alcune comunità della diaspora in Europa. Già, in Europa. Perché se spesso si pensa che si tratti di pratiche che avvengono in paesi lontani, la verità è un’altra: in Italia si stima che siano 87.600 le donne che […] The post La lotta contro le Mutilazioni Genitali Femminili arriva al Parlamento Europeo appeared first on The Wom.
Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica radicata in diverse parti del mondo, dall’Africa all’Asia fino ad alcune comunità della diaspora in Europa. Già, in Europa. Perché se spesso si pensa che si tratti di pratiche che avvengono in paesi lontani, la verità è un’altra:
in Italia si stima che siano 87.600 le donne che hanno subito le MGF, mentre 7.600 minorenni e 4.600 ragazze sono in pericolo
Il fenomeno, spesso nascosto e legato a tradizioni culturali rurali, rappresenta una delle violazioni più gravi dei diritti umani, con conseguenze devastanti sulla salute fisica e psicologica delle donne che la subiscono.
La voce delle giovani e dei giovani: il movimento Y-ACT e il Manifesto per il cambiamento
In prima linea nella lotta contro le MGF c’è il movimento Youth in Action (Y-ACT), nato dall’esperienza africana e attivo in Italia con 31 giovani attiviste e attivisti di origine migratoria. In un anno, il progetto ha realizzato oltre 300 azioni tra Roma, Milano, Torino e Padova, coinvolgendo più di 1.500 persone. Sostenuto dall’Unione Europea e guidato da Amref, la più grande organizzazione sanitaria senza fini di lucro che interviene in Africa dal 1957, Y-ACT ha raccolto le istanze delle nuove generazioni in un Manifesto che è stato presentato a Bruxelles, ribadendo l’importanza del dialogo intergenerazionale per smantellare tabù e costruire una società più equa.
Mutilazioni genitali femminili: la resistenza delle attiviste
Dietro ai numeri ci sono volti, storie, vite cambiate per sempre. Come quella di Jasmina El Shouraky, giovane attivista milanese, che ha partecipato all’evento Speak Up e che con determinazione afferma: «Essere attivista significa essere una voce per gli altri. Voglio creare spazi di libertà senza chiedere il permesso a nessuno», ha raccontato.
O come quella di Sabina Lakara, giovane Maasai del Kenya che ha sfidato la propria famiglia per salvare altre ragazze dal “taglio” e dal matrimonio forzato. Come ha spiegato: «Da piccola ho visto tante ragazze soffrire per il taglio e poi essere costrette a sposare uomini più grandi. Questo mi ha terrorizzata! Grazie all’incontro con Amref, ho capito i rischi delle MGF e ho deciso di oppormi. Mio padre ha reagito con rabbia e ha smesso di pagarmi la scuola. Ma io ho resistito. Oggi, grazie all’istruzione e al supporto della mia comunità, sono riuscita a salvare più di 10 ragazze dal taglio e dal matrimonio precoce. Il cambiamento è possibile, dobbiamo solo iniziare!»
Anche altre generazioni, però, stanno cambiando prospettiva: Coumba, ex-tagliatrice senegalese, racconta come il dialogo con la nipote Awa l’abbia portata a rifiutare la pratica che per anni aveva considerato necessaria. «Pensavo fosse la cosa giusta da fare”, dice oggi, consapevole di essere stata parte di un sistema di violenza da spezzare», dice.
Un futuro senza MGF è possibile
Il cambiamento è già in atto. Amref, che da anni opera in Africa per contrastare le MGF, ha già aiutato oltre 500.000 donne attraverso programmi di sensibilizzazione, supporto alle sopravvissute e formazione per operatori sanitari. Ma la strada è ancora lunga. Come sottolinea Roberta Rughetti, Vicedirettrice di Amref Italia: «La lotta contro le MGF non è solo una battaglia per la salute e la libertà, ma un cambiamento culturale profondo. I giovani sono il motore di questa rivoluzione».
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