La Danimarca: “Più diritti ai groenlandesi”. L’Onu denunciava: “Contro di loro razzismo, donne costrette alla contraccezione forzata”
Ora che Trump vuole l'ex colonia, il governo Copenaghen ha presentato un piano contro le discriminazioni a cui da decenni sono sottoposti i suoi cittadini L'articolo La Danimarca: “Più diritti ai groenlandesi”. L’Onu denunciava: “Contro di loro razzismo, donne costrette alla contraccezione forzata” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nel piano è definito “un problema trascurato”. E ora che Donald Trump ci ha messo gli occhi sopra e nell’ex colonia si ricomincia a parlare di un referendum per l’indipendenza, Copenaghen tenta di correre ai ripari. Il governo danese ha presentato una serie di iniziative volte a combattere il razzismo e le discriminazioni nei confronti dei 17mila groenlandesi che vivono in Danimarca. “È importante che i groenlandesi possano vivere senza pregiudizi, cosa che purtroppo non accade oggi”, ha detto il ministro per l’Integrazione Kaare Dybvad Bek, presentando un pacchetto di 12 misure tra cui spiccano il diritto a un passaporto groenlandese (“Il governo ha una profonda comprensione dello speciale senso di identità” dei cittadini originari dell’isola, si legge nel piano), e un più facile accesso agli interpreti per denunciare le discriminazioni: “Una buona interpretazione può contribuire a ridurre i malintesi e a migliorare il trattamento dei groenlandesi in Danimarca”.
Per i groenlandesi, tuttavia, si tratta di ben più di malintesi. “Abbiamo spesso creduto che gli episodi di discriminazione fossero casi isolati. Ma si tratta di un problema di vasta portata“, ha commentato Aki-Matilda Høegh-Dam, una delle due esponenti groenlandesi nel Folketing, il parlamento danese. A inizio ottobre Høegh-Dam aveva dato vita a un caso politico per aver dovuto smettere di parlare in Aula dopo essersi rifiutata di tradurre in danese, come da prassi, il discorso in cui in lingua groenlandese denunciava violazioni dei diritti umani contro l’ex colonia e ricordava le vittime del cosiddetto “scandalo dei contraccettivi a spirale“. Il caso era stato sollevato a febbraio 2023 da José Francisco Cali Tzay, relatore speciale dell’Onu sui diritti dei popoli indigeni, che in un rapporto ufficiale muoveva delle accuse pesantissime a Copenaghen.
“A partire dagli anni ’60 – si legge nel report – il governo della Danimarca avrebbe condotto una campagna per controllare la crescita demografica della Groenlandia. Durante questo periodo, a circa la metà delle donne fertili del paese, circa 4.500, alcune di età pari a 12 anni, sono stati applicati dispositivi intrauterini (DIU) senza il loro consenso o quello dei genitori”. All’epoca il sistema sanitario dell’ex colonia dipendeva da quello danese e gli interventi avvenivano “negli ospedali locali durante gli esami medici di routine” oppure “condotte a scuola“. La campagna, scrive Cali Tzay, ha comportato la perdita dell’utero per molte delle donne operate e “ha ridotto drasticamente il tasso medio di natalità delle donne inuit da 7 a 2,3 figli. In alcuni villaggi, è sceso a quasi zero. Gli interventi sono stati eseguiti “fino al 2019“. Copenaghen non ha mai negato la pratica, al punto che “il 30 settembre 2022, Danimarca e Groenlandia hanno concordato un’indagine indipendente di due anni per esaminare la politica sull’uso dei dispositivi IUD tra il 1966 e il 1991, quando la Groenlandia ha cominciato a gestire in maniera autonoma il proprio sistema sanitario”. A inizio 2024 lo Stato danese è stato citato in giudizio da 143 donne groenlandesi che sostenevano di essere state sottoposte all’intervento a loro insaputa.
Le accuse del Relatore non finiscono qui. “Nel 1951, 22 bambini Inuit tra 6 e 9 anni sono stati inviati in Danimarca come parte di un ‘esperimento sociale'”: “rieducare i bambini nella lingua e nella cultura danese per farli tornare in Groenlandia come agenti di ‘modernizzazione e sviluppo’. Sei di essi sono stati adottati, senza il consenso del bambino, da famiglie danesi in Danimarca. I bambini rimasti sono stati collocati in orfanotrofi in Groenlandia, senza contatti con i loro parenti” e “per questo motivo alcuni sono rimasti senza radici ed emarginati”. Nel dicembre 2020 la Danimarca ha presentato delle “scuse scritte” per il suo ruolo nell’esperimento e il governo danese “ha accettato di pagare danni di 250.000 corone danesi a ciascuno dei 6 bambini che erano ancora in vita nel 2022; tuttavia, i parenti degli altri 16 bambini non hanno finora ricevuto alcun risarcimento”. Il Relatore è un fiume in piena: “Tra gli anni ’50 e ’70, almeno 264 bambini Inuit sono stati adottati da famiglie danesi, alcuni senza il consenso dei genitori”.
Poi il c’è il capitoli dei diritti calpestati dai danesi nell’ex colonia. Negli anni ’50 e ’60, molti uomini danesi si trasferirono in Groenlandia per lavorare nel settore edilizio in rapida espansione, “con un conseguente aumento delle gravidanze tra le giovani donne Inuit non sposate. Dal 1938, i figli nati fuori dal matrimonio in Danimarca hanno il diritto di identificare il padre ed ereditare. Invece, fino al 1963 per la Groenlandia settentrionale e al 1974 per quella orientale, la legislazione del territorio non conteneva norme sulla paternità per i figli nati fuori dal matrimonio”. Così migliaia di figli di donne inuit non avevano “alcun diritto a conoscere o ereditare dai loro padri biologici”. Nel 2014, il Parlamento danese ha approvato una legge che consente agli orfani di ricorrere ai tribunali per determinare il loro padre biologico. Ma “le richieste di risarcimento e le pubbliche scuse per aver privato i cittadini del loro diritto all’identità sono ancora in sospeso”.
Il progetto annunciato da Kaare Dybvad Bek, per il quale l’esecutivo ha stanziato 35 milioni di corone (4,9 milioni di dollari), comprende anche l’abolizione di un controverso test di competenza genitoriale che ha portato coppie groenlandesi residenti nel paese scandinavo a vedersi sottrarre i figli. Diverse associazioni da anni ne denunciano in carattere discriminatorio perché non tengono conto di lingua e cultura groenlandese e renderebbero più facile l’allontanamento dei bambini dal nucleo familiare d’origine: nel 2022 uno studio dell’Istituto danese per i diritti umani indicava che era stato dato in affidamento il 5,6% dei minori di origini groenlandesi contro l’1% di quelli con background danese.
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