Gaza come Las Vegas: il palazzinaro Trump fiuta il business
Negli anni ’90, Yasser Arafat – lo storico leader palestinese – iniziò a usare l’espressione, tradotta in inglese, «Come and drink the sea of Gaza» contro i suoi nemici. Un’espressione che univa – sarcasticamente, è il caso di dire – l’espressione araba traducibile in «Go drink sea-water!» con l’israeliana «Go to Gaza!» per dire, in modo meno esplicito: “Va’ all’inferno”. A distanza di sei lustri, il presidente statunitense, Donald Trump, vede in questa striscia disperata, vessata dai miliziani di Hamas e distrutta dalle bombe israeliane, un futuro meraviglioso. Continue reading Gaza come Las Vegas: il palazzinaro Trump fiuta il business at L'Agenzia di Viaggi Magazine.
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Negli anni ’90, Yasser Arafat – lo storico leader palestinese – iniziò a usare l’espressione, tradotta in inglese, «Come and drink the sea of Gaza» contro i suoi nemici. Un’espressione che univa – sarcasticamente, è il caso di dire – l’espressione araba traducibile in «Go drink sea-water!» con l’israeliana «Go to Gaza!» per dire, in modo meno esplicito: “Va’ all’inferno”. A distanza di sei lustri, il presidente statunitense, Donald Trump, vede in questa striscia disperata, vessata dai miliziani di Hamas e distrutta dalle bombe israeliane, un futuro meraviglioso. Ma non per i palestinesi. «Ci vivrà gente da tutto il mondo, penso che si possa trasformare in un posto internazionale, un posto incredibile». Trump ha mostrato un ipotetico futuro in cui si dirà «(Let’s) go drink a cocktail in Gaza». Dall’inferno all’aperitivo, passando sulle vite dei palestinesi.
MAR-A-GAZA
La folle proposta, o bluff, o visione distopica – comunque la si voglia chiamare – ha fatto il giro del mondo, e serve solo riassumerla: in conferenza stampa con l’amico Benjamin Netanyahu – primo ministro israeliano – Trump ha annunciato un nuovo piano per Gaza che prevede la gestione diretta di Washington a «lungo termine» al fine di trasformare le macerie di un territorio, raso praticamente al suolo, in un’elegante area turistica, in una «riviera del Medio Oriente». Il presidente, naturalmente, ha trovato una soluzione anche per i circa 2 milioni di palestinesi che ci vivono: l’allontanamento forzato in Egitto, Giordania o altri Paesi arabi. Lo staff di Trump ha poi fatto circolare una frase attribuita ad Albert Einstein, secondo cui «la follia è fare ripetutamente la stessa cosa attendendosi risultati diversi», riferendosi ai ripetuti fallimenti nel tentativo di trovare una soluzione per Gaza.
Gaza come Las Vegas. Meglio, come nuova Mar-a-Lago, ha proposto la deputata repubblicana Nancy Mace, riferendosi al non-luogo creato da Trump in Florida ed eretto a sua residenza. Mar-a-Gaza, hanno subito titolato molti quotidiani internazionali.
MAKE GAZA BEAUTIFUL AGAIN
C’è davvero un piano alla base delle dichiarazioni di Trump? Se c’è, Trump l’ha tenuto nascosto. Nella conferenza stampa, riferisce La Stampa, non ha risposto ad almeno due domande – delle reporter di Nbc e Cnn – sui dettagli e su come intenda metterlo in atto, limitandosi a dire che Gaza diventerà la riviera del Medio Oriente e che sarà un posto bellissimo che accoglierà tutti, anche i palestinesi che vorranno tornare. Trump aveva spiegato che i palestinesi restano a Gaza perché «non hanno scelta», ma una volta che si saranno stabiliti altrove, non vorranno più tornare. Sulla sua piattaforma, Truth Social, Trump ha poi spiegato: «Gaza verrebbe consegnata agli Stati Uniti da Israele al termine dei combattimenti. I palestinesi saranno reinsediati in comunità molto più sicure e belle, con case nuove e moderne, nella regione. Avrebbero davvero la possibilità di essere felici, sicuri e liberi. Gli Stati Uniti, lavorando con grandi team di sviluppo provenienti da tutto il mondo, inizierebbero la costruzione di quello che diventerebbe uno dei più grandi e spettacolari sviluppi residenziali del genere sulla Terra. Gli Stati Uniti non avrebbero bisogno di soldati! Regnerebbe la stabilità nella regione!». Il suo segretario di Stato, Marco Rubio, entusiasta, ha scritto su X: «Make Gaza Beautiful Again», riadattando l’ormai consumato slogan trumpiano. Già in campagna elettorale, Trump disse che Gaza potrebbe essere «meglio di Montecarlo», ma i palestinesi «non hanno mai approfittato della miglior location in Medio Oriente».
I PALAZZINARI
Ma il pensiero di una boutade, di un modo per far parlare i media e allontanare il discorso dalle trattative tra Hamas e Israele, viene turbato da un particolare: il genero Jared Kushner è stato l’inviato per il Medio Oriente nel primo mandato di Trump alla Casa Bianca, l’amico Steve Witkoff lo è ora. Per un ruolo altamente politico, la scelta è finita su due immobiliaristi. Come immobiliarista, ricordiamolo, è Trump. Non c’è parte del mondo cruciale come il Medio Oriente, ora, per la crescita degli affari della sua famiglia, scrive il New York Times.
Negli ultimi tre anni, sono stati firmati diversi accordi immobiliari con la società Dar Al Arkan per la costruzione di alberghi, appartamenti di lusso e campi da golf in Oman, Arabia Saudita e a Dubai, che valgono decine di milioni di dollari. Dar Al Arkan ha stretti legami con la famiglia reale saudita. La famiglia Trump stava anche valutando un potenziale accordo immobiliare in Israele, prima del 7 ottobre 2023, secondo quanto riportato dal New York Times. Eric Trump, il terzo figlio del presidente, ha detto di voler aspettare la fine della guerra prima di procedere con un eventuale progetto. A Dubai, Trump ha aperto un Golf Club nel 2017 in partnership con Damac Properties, guidata da Hussain Sajwani, un miliardario che si è appena impegnato a investire miliardi di dollari negli Stati Uniti per la costruzione di data center. Da ricordare anche la partnership con Liv Golf, il nuovo circuito professionistico finanziato dal fondo sovrano saudita, che fa concorrenza al Pga Tour, il circuito statunitense e il principale al mondo. Trump ospita una tappa del tour, al Trump National Doral che si trova vicino a Miami, che attira migliaia di clienti per i suoi ristoranti e alberghi.
GLI AFFARI DI KUSHNER
Jared Kushner, marito di Ivanka Trump, gestisce una società di private equity chiamata Affinity Partners, che ha raccolto 4,5 miliardi di dollari, per lo più da fondi sovrani di nazioni ricche di petrolio come Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Nel febbraio 2024, parlò esplicitamente di trasformare Gaza in un resort. Intervistato durante un evento sponsorizzato dalla Kennedy School of Government di Harvard, disse: «Le proprietà sulla riviera di Gaza potrebbero avere molto valore», suggerendo a Israele di «spostare le persone e ripulire tutto», secondo il racconto del Guardian.
Alla fine del 2021, Affinity Partner aveva raccolto impegni di finanziamento per oltre tre miliardi di dollari, di cui 2 miliardi dal fondo sovrano saudita Public Investment Fund. Secondo il resoconto della commissione Finanze del Senato di Washington (settembre 2024), da allora la società avrebbe incassato 157 milioni di dollari in commissioni, ma senza generare profitti per gli investitori, si legge in un altro articolo sul Guardian. La commissione, guidata dai democratici, aveva quindi sollevato il timore che gli investimenti gestiti da Affinity non fossero motivati da reali interessi commerciali, ma dal tentativo di guadagnare accesso e influenza politica presso la famiglia Trump.
Kushner, racconta il New York Times, ha inoltre investito in almeno due aziende con sede in Israele: Phoenix Holdings, una società di finanza e assicurazioni, e nella divisione di noleggio auto di Shlomo Holdings. Il suo partner alla Shlomo Holdings è comproprietario dell’unico costruttore israeliano di navi da guerra, che a sua volta è in affari con manager che sono anche importanti azionisti di un contractor militare israeliano, le cui navi – usate per la guerra a Gaza – sono armate di missili statunitensi. A gennaio, Kushner ha raddoppiato la sua partecipazione proprio in Phoenix Financial, società nota anche per finanziamenti immobiliari negli insediamenti all’interno dei territori occupati della Cisgiordania, territorio palestinese oggetto però di rivendicazioni da parte dei coloni israeliani. Un investimento, di cui parla Bloomberg, poco prima che arrivasse l’annuncio di un accordo di cessate il fuoco. Le autorità israeliane hanno ovviamente approvato l’accordo che ha concesso a Kushner quasi il 10% di Phoenix Financial, rendendolo il maggiore azionista.
VILLETTE CON VISTA SUL MARE
Poi c’è Steve Witkoff, che conosce Trump da 40 anni e che grazie a lui decise di impegnarsi nel settore immobiliare. La scorsa settimana, ricorda il Corriere della Sera, ha visitato Gaza, primo funzionario statunitense a farlo in 15 anni. Il suo racconto e la testimonianza del livello di distruzione sono stati secchi e privi di illusioni. Serviranno – ha detto – 15 anni per ricostruire e, soprattutto, ha sottolineato che chi parla di 3-5 anni offre “speranza irrealistiche” ai palestinesi. Un territorio – ridotto in macerie dopo mesi di bombardamenti – che potrebbe diventare, dunque, «una fantastica proprietà immobiliare con vista sul mare», certificando l’equazione tra la trasformazione di un territorio devastato in un’opportunità speculativa. A parlarne, in fondo, erano già stati il governo israeliano e società d’investimento e agenzie di comunicazione, come raccontava Fanpage: senza più i palestinesi, Israele immagina una zona economica speciale ricca di infrastrutture e grattacieli, villette di lusso davanti al mare e una Smart City all’avanguardia.
IL TENTATIVO CON KIM
L’istinto da palazzinaro di Trump, d’altra parte, era emerso anche durante il suo primo mandato alla Casa Bianca. Durante gli storici incontri con il leader nordcoreano Kim Jong Un nel 2018, il presidente statunitense si disse meravigliato delle «splendide spiagge», dove sarebbero potuti sorgere «i migliori alberghi». Trump stava offrendo uno sviluppo residenziale e turistico in cambio della rinuncia al nucleare. Trump non convinse Kim, come ricorda Bloomberg, ma gli diede una buona idea: a giugno, sarà inaugurata la Wonsan-Kalma Coastal Tourist Area, costruita sulla costa orientale del Paese. Ça va sans dire, senza l’aiuto americano.
Le guerre sono sempre, anche, opportunità d’investimento. I primi a coglierle, va da sé, saranno quelli che potranno approfittarne di più. Rimanendo nell’attualità, già nel luglio 2023, in pieno conflitto russo-ucraino, Michael O’Leary puntava a investire oltre 3 miliardi di dollari per ricostruire l’industria dell’aviazione ucraina e a essere, con la sua Ryanair, la prima compagnia a volare di nuovo verso Kiev e Leopoli, una promessa appena rilanciata.
Poi c’è anche chi usa gli investimenti per recuperare una reputazione compromessa. Non indignatevi. È l’evoluzione della specie (turistica).