Da startup a leader globale e ritorno: l’assurda storia della Nokia

Negli anni '90 Nokia ha scommesso sul futuro della telefonia mobile. E ha vinto, cambiando per sempre le nostre vite. L'articolo Da startup a leader globale e ritorno: l’assurda storia della Nokia è tratto da Futuro Prossimo.

Jan 19, 2025 - 21:50
Da startup a leader globale e ritorno: l’assurda storia della Nokia

Amici della GenZ, è zio Boomer che vi parla. No, non è vero, sono Generazione X, ma è lo stesso. Immaginate di essere in un mondo senza smartphone, senza app, senza selfie: un mondo in cui i telefoni servivano solo per chiamare e occupavano l’intero palmo della mano. Sembra preistoria, vero? Eppure, solo pochi decenni fa era la realtà. A cambiarla per sempre ci ha pensato un’azienda che oggi molti ricollegano solo a cellulari vintage e al gioco Snake: Nokia. Ma ridurre la storia di Nokia a questo significa non comprendere la portata della sua epopea rivoluzionaria.

Una traiettoria straordinaria che ha attraversato più di un secolo, dal caucciù alle prime reti GSM, fino agli iconici cellulari degli anni ’90 e 2000. Di più: una storia di innovazione tecnologica e di design, di scommesse coraggiose e di errori strategici. Una storia che ha plasmato la cultura pop e l’economia di un intero paese, la Finlandia. Una storia che ha ancora molto da insegnarci sui meccanismi del successo e del fallimento nel mondo tech. Avete tempo? Siete pronti a partire?

Da produttore di stivali di gomma a visionario del mobile

La storia di Nokia inizia nel 1865 lungo le rive del fiume Nokianvirta, nella città di Nokia, in Finlandia. All’epoca, l’azienda era una modesta cartiera fondata dall’ingegnere minerario Fredrik Idestam. Nel corso dei decenni successivi, Nokia si espanse in nuovi settori come la produzione di cavi elettrici, pneumatici e stivali di gomma, diventando un conglomerato industriale (un po’ come IKEA in Svezia, o Nintendo in Giappone, o altri). Ma negli anni ’60 l’azienda mosse i primi passi nel mondo delle telecomunicazioni sviluppando radio per l’esercito finlandese.

Agli occhi dei giovani aspiranti manager degli anni ’80, però, Nokia appariva ancora come un gruppo industriale noioso e polveroso. “Era una cosa ridicola per gli studenti di economia”, ricorda Mikko Kosonen, ex presidente del consiglio di amministrazione dell’Università Aalto (ed ex capo della strategia di Nokia). “Nessuno voleva andare a lavorare in Nokia perché era considerata un’azienda dalla storia noiosa”.

Il cambio di rotta nella storia Nokia

Accadde tutto alla fine degli anni ’80, quando la dirigenza prese due decisioni cruciali: investire nelle telecomunicazioni e uscire gradualmente dagli altri settori. Furono scelte coraggiose, considerando che all’epoca la neonata telefonia mobile era vista come un mercato di nicchia per professionisti.

“Nessuno pensava che i cellulari potessero diventare un prodotto di massa”, racconta Kosonen. “Ma in Nokia eravamo convinti che presto o tardi lo sarebbero diventati. Abbiamo creato il mercato”.

Nei primi anni ’90, Nokia vendette la sua divisione di pneumatici e acquisì diverse aziende di telecomunicazioni come la francese Alcatel e l’americana Tandy. Nel 1992 la storia Nokia inizia davvero a fare la Storia con il lancio del suo primo telefono GSM, il Nokia 1011. Da quel momento, la sfida era conquistare non solo i professionisti, ma anche i consumatori. E qui entrano in gioco due intuizioni geniali: il design e il marketing.

I telefoni che volevi mostrare al mondo

“Nokia ha capito prima di tutti che i telefoni cellulari sarebbero diventati un oggetto di moda e uno status symbol”, spiega Christian Lindholm, ex designer dell’azienda. Mentre i concorrenti come Motorola ed Ericsson proponevano telefoni squadrati e neri, Nokia osò sperimentare con forme, colori e materiali innovativi. Il Nokia 2110, uscito nel 1994, ad esempio: aveva una forma ergonomica, tasti curvi e la possibilità di cambiare solo una cover. Fu un successo clamoroso, inimmaginabile, e aprì la strada a una serie di telefoni dal design sempre più originale e accattivante.

Nel 1998 arrivò l’iconico Nokia 5110, il primo con cover davvero intercambiabili e la possibilità di scaricare suonerie personalizzate. Era il telefono che tutti i ragazzi volevano avere. Il design audace continuò con modelli come il Nokia 3210 dalla forma a “ciottolo di fiume” (ce l’avevo) il Nokia 8810 (ce l’avevo, in alluminio spazzolato): anche noto come “il telefono di Matrix” dopo essere comparso nell’omonimo film.

“Era Disneyland per i designer”, ricorda Tej Chauhan, ex designer inglese di Nokia.

“Ero circondato da persone brillanti e creative. Se avevi un’idea fuori dagli schemi come un telefono a forma di rossetto o di frutto esotico, potevi proporla e vederla realizzata. C’era un ambiente straordinario di libertà e sperimentazione”.

Con questi telefoni unici e iconici, Nokia non stava solo vendendo tecnologia. Stava vendendo uno stile di vita, un modo di esprimere la propria personalità. Stava rendendo la telefonia mobile “cool” e desiderabile per un pubblico vastissimo.

Neo di Matrix con il suo Nokia 8810.

Connecting People: la potenza del marketing emozionale

Oltre al design, un altro punto di forza della storia di Nokia era il marketing. L’azienda non si limitava a pubblicizzare le caratteristiche tecniche dei suoi prodotti. Invece, raccontava storie coinvolgenti che toccavano le corde emotive del pubblico. Lo slogan “Nokia Connecting People”, introdotto nel 1992, incarnava perfettamente questa filosofia. Più che un telefono, Nokia ti vendeva il sogno di essere sempre connesso con le persone a cui tieni.

Memorabili furono anche le campagne pubblicitarie che mostravano persone di ogni età ed etnia che comunicavano attraverso i cellulari Nokia. “Non mostravamo il prodotto, mostravamo come il prodotto migliorava la vita delle persone”, sottolinea Tapio Hedman, ex responsabile marketing di Nokia. Le pubblicità Nokia trasudavano ottimismo, gioia di vivere e connessione umana. Erano un invito a far parte di un mondo migliore e tecnologico reso possibile da un semplice telefonino.

Questo marketing emozionale si sposava alla perfezione con il posizionamento “democratico” dei cellulari Nokia. A differenza dei rivali che puntavano solo sui modelli di fascia alta, Nokia proponeva telefoni per tutte le tasche, dall’entry level ai top di gamma. L’obiettivo era portare la “rivoluzione mobile” a quante più persone possibile. E i numeri di vendita testimoniano che la strategia funzionò alla grande: nel 2001 Nokia vendeva quasi il 40% di tutti i telefoni cellulari al mondo.

La Storia e la Gloria: il dominio globale Nokia e l’impatto sulla Finlandia

All’inizio del nuovo millennio, come detto, Nokia era all’apice del suo potere. Fatturava oltre 30 miliardi di euro all’anno, e il suo marchio era il quinto più conosciuto al mondo. In Finlandia, rappresentava da sola il 4% del PIL. I suoi telefoni erano ovunque: nei film di Hollywood, negli stadi, nelle tasche di politici, imprenditori e star del cinema e della musica. Possedere un Nokia era uno status symbol. L’azienda dettava legge nell’industria, stabiliva gli standard e faceva scuola su come fondere alta tecnologia, stile e usabilità.

La cavalcata trionfale di Nokia ebbe un impatto enorme non solo a livello globale, ma soprattutto, come detto, nella piccola Finlandia. Per un paese di soli 5 milioni di abitanti reduce dalla profonda recessione dei primi anni ’90, Nokia fu motivo di orgoglio nazionale e volano di crescita economica. L’azienda creò decine di migliaia di posti di lavoro altamente qualificati, finanziò università e centri di ricerca, attirò investimenti esteri, trasformò Helsinki in una capitale high-tech. Grazie a Nokia, la Finlandia si fece conoscere nel mondo come la “Silicon Valley europea”.

Ma l’influenza di Nokia andò oltre l’economia. L’azienda plasmò la cultura, l’identità e l’autostima dei finlandesi. In un paese tradizionalmente modesto e riservato, Nokia instillò un senso di orgoglio e di “sì, possiamo farcela”. I suoi leader carismatici come Jorma Ollila divennero celebrità nazionali e modelli imprenditoriali da emulare. Lavorare per Nokia era il sogno di molti giovani ingegneri e manager. L’azienda divenne il simbolo del riscatto e del successo della Finlandia nel mondo.

Un’azienda “umana” in un settore high-tech

Accanto all’orgoglio nazionale, Nokia infuse nella cultura aziendale finlandese anche i valori della collaborazione, dell’informalità e dell’equilibrio vita-lavoro. Nonostante fosse un gigante globale dell’hi-tech, Nokia conservò a lungo un’atmosfera “umana” e quasi familiare. Non c’erano uffici personali, neanche per i top manager, ma open space dove tutti lavoravano fianco a fianco. L’abbigliamento era casual, le gerarchie piatte, le porte sempre aperte.

La sede centrale di Nokia a Espoo, sobborgo di Helsinki, incarnava perfettamente questa filosofia. Progettata dall’archistar finlandese Pekka Helin, era un campus avveniristico ma a misura d’uomo, con ampi spazi comuni, aree relax, opere d’arte alle pareti, persino una piscina olimpionica. L’obiettivo era favorire l’interazione spontanea tra dipendenti, la condivisione di idee, il benessere psicofisico.

Un altro tratto distintivo della cultura Nokia era l’internazionalità. In un paese linguisticamente e geograficamente periferico come la Finlandia, Nokia fu tra le prime ad abbracciare l’inglese come lingua ufficiale e ad assumere talenti da ogni parte del mondo. Nei corridoi della sua sede si potevano incontrare ingegneri indiani, designer americani, manager francesi. Questo melting pot favorì l’innovazione e l’apertura mentale, facendo di Nokia un precursore della globalizzazione.

Puntare sui giovani e sul futuro

La vision di Nokia non si limitava solo al business della telefonia. L’azienda investiva con lungimiranza nelle generazioni future, nella convinzione che la tecnologia dovesse essere uno strumento di progresso e opportunità per tutti. Creò programmi per avvicinare i bambini alla scienza e alla programmazione, come il “Museo della Tecnologia” o il concorso “Invent with Nokia”. Finanziò borse di studio e dottorati nelle materie STEM. Organizzò eventi e mostre interattive per far sperimentare ai giovani il potenziale della tecnologia.

Un’iniziativa particolarmente innovativa fu il “Nokia Mobile Classroom“, un’aula scolastica mobile che viaggiava nelle scuole più remote del pianeta per insegnare le basi dell’informatica anche a chi non aveva accesso a computer e Internet. Era il modo di Nokia per “restituire” alla società parte del suo successo e per ispirare i futuri innovatori. Una filosofia perfettamente riassunta dalle parole dell’allora CEO Jorma Ollila:

“Il nostro scopo non è solo fare telefoni. È migliorare la vita delle persone e creare opportunità per tutti attraverso la tecnologia”.

L’inizio del declino nella storia Nokia: sottovalutare la rivoluzione smartphone

Nonostante la sua posizione dominante e la sua cultura innovativa, anche per Nokia arrivarono tempi difficili. La svolta avvenne nel 2007, quando Steve Jobs presentò il primo iPhone e ridefinì il concetto stesso di telefono cellulare. Ricordo come fosse ieri quel momento: seguivo il keynote di Apple che fece quel lancio, Futuro Prossimo era nato l’anno prima. Avevo tra le mani il mio Nokia N97, comprato da poco, che all’epoca era la massima espressione della tecnologia Nokia lato consumer: un telefono a tutto schermo, con una tastiera a scomparsa, bello ed elegante.

Lo smartphone di Apple aveva caratteristiche rivoluzionarie come lo schermo multi-touch, la navigazione Internet, il negozio di app. Guardai il terminale che avevo tra le mani, e mi sembrò improvvisamente che quello fosse appena diventato un oggetto di antiquariato.

Nokia, che pure aveva progetti simili nel cassetto, non colse appieno la portata di questa minaccia. Il management, ancora legato al vetusto sistema operativo Symbian, sottovalutò l’impatto dei nuovi concorrenti iPhone e Android. Pensava che gli smartphone fossero un mercato ancora di nicchia e che la forza di Nokia risiedesse nell’hardware, non nel software. Un errore di valutazione che si sarebbe rivelato fatale. “Siamo rimasti intrappolati nella nostra mentalità “phone-centric”, mentre Apple e Google hanno trasformato i telefoni in computer tascabili”, ammette Anssi Vanjoki, ex manager Nokia.

Il crollo

Nel giro di pochi anni, Nokia perse quote di mercato a vantaggio dei rivali. Nel 2008 deteneva ancora il 40% del mercato globale degli smartphone, nel 2013 era scesa al 3%. La crisi culminò con la vendita della divisione mobile a Microsoft e l’uscita definitiva di Nokia dal business dei telefoni. Un colpo durissimo per l’orgoglio finlandese, anche se attutito dalla riconversione di Nokia come azienda di infrastrutture di rete.

Cosa ci insegnano la storia e la traiettoria di Nokia

La parabola di Nokia offre numerosi spunti di riflessione per chiunque si occupi di tecnologia, innovazione e management. Innanzitutto, insegna quanto sia importante avere una visione di lungo termine e il coraggio di scommettere su settori apparentemente “marginali”. Nokia ha avuto la lungimiranza di puntare sulla telefonia mobile quando era ancora un mercato di nicchia. E per un decennio ha dominato il settore con la sua creatività nel design e nel marketing.

Ma la storia di Nokia ricorda anche quanto sia facile per i “conquistatori” diventare “dinosauri” se non si adattano rapidamente ai cambiamenti. Cullata dai successi e forse appesantita dalle sue stesse dimensioni, Nokia mancò di cogliere appieno la rivoluzione degli smartphone e la minaccia di Apple e Google. Un destino simile potrebbero subirlo anche i giganti di oggi, da Meta ad Amazon (e la stessa Google!) se non sapranno reinventarsi costantemente. Guai a pensare il contrario.

Tutto il resto è Nokia

Un’altra lezione di Nokia è il valore di una cultura aziendale “umana”, collaborativa e internazionale, anche in un settore ipercompetitivo come l’hi-tech. La creatività e l’innovazione sono processi “sociali”, che richiedono diversità, interazione spontanea e contaminazione di idee. I modelli organizzativi e gli spazi di lavoro di Nokia (open space, campus verdi, team multiculturali) sono stati l’ideale eredità della filosofia di Adriano Olivetti e hanno favorito proprio questo spirito. Potrebbero essere ancora oggi una fonte di ispirazione per molte aziende: anche quelle alle prese con lo smart working e la “guerra dei talenti”.

Infine, la parabola di Nokia illustra il potenziale ma anche i rischi di avere un’azienda-simbolo che traina l’intera economia di una nazione. Per la Finlandia, Nokia è stata motivo di orgoglio e volano di crescita, ma anche una potenziale debolezza per la sua dipendenza. Quando Nokia ha iniziato a vacillare, tutto il paese ha tremato con lei. Un monito per quei governi che puntano tutto su pochi “campioni nazionali” (Novo Nordisk, ti fischiano le orecchie), sottovalutando i benefici di un sistema economico più diversificato e resiliente.

L’eredità immortale di Nokia

Nonostante il declino nell’era degli smartphone, l’importanza di Nokia nella storia dell’hi-tech e della cultura popolare resta indelebile. L’azienda ha contribuito più di chiunque altro a democratizzare la telefonia mobile, a renderla accessibile, divertente e “cool” per milioni di persone in tutto il mondo. Ha lanciato mode e tendenze con i suoi telefoni iconici. Ha ispirato una generazione di ingegneri e innovatori, soprattutto in Finlandia e in Europa. Io, da Europeo (non me ne vergogno a dirlo) sogno un multiverso nel quale hanno vinto Olivetti e non IBM, Nokia e non Apple. Perché? Perché secondo me lo avrebbero meritato di più, perché tutto non è solo profitto.

Non è un caso che ancora oggi, a distanza di anni, possedere un vecchio Nokia susciti un misto di nostalgia e di affetto in molte persone. Quei cellulari intuitivi, colorati e “indistruttibili” hanno accompagnato i momenti più importanti della nostra vita, dalla prima chiamata alla prima storia d’amore. Sono stati più che semplici dispositivi tecnologici: sono stati compagni di viaggio, oggetti di culto, simboli di un’epoca.

La storia di Nokia va oltre i singoli prodotti

Oggi Nokia non produce più smartphone: HMD Global ha annunciato di aver interrotto la produzione di tutti i modelli. Tuttavia, continua a vendere telefoni cellulari semplici, noti come feature phone, che rimangono popolari in alcuni mercati. E poi è ancora un protagonista nelle infrastrutture di rete 5G e 6G. Continua a investire in ricerca e sviluppo, a depositare brevetti, a cercare nuove strade.

La sua storia ricorda a tutti noi che nel mondo digitale nessun vantaggio è eterno e che l’unico modo per restare rilevanti è re-inventarsi continuamente. Ma ci insegna anche che l’innovazione, quando è guidata da valori autentici e messa al servizio delle persone, può davvero cambiare il mondo. Perché alla fine, se ci pensate la Nokia nei suoi anni d’oro il mondo lo ha cambiato.

E chissà che in futuro, magari al prossimo cambio di paradigma tecnologico, non torni ad essere protagonista. Perché questa è forse la lezione più importante che possiamo trarre dalla sua incredibile avventura: nel mondo tech, nulla è impossibile. Con lo stesso spirito visionario e un po’ folle di quegli ingegneri finlandesi che negli anni ’90 pensarono che il telefono potesse diventare molto più di un semplice strumento per chiamare. Pensarono che potesse connettere il genere umano.

E ci riuscirono.

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