Cosa potrebbe cambiare per l’Europa con i dazi voluti da Donald Trump

Donald Trump sceglie la strada del protezionismo, annunciando dazi su Cina, Canada e Messico e promettendo di fare lo stesso anche con l'Unione europea.

Feb 5, 2025 - 18:19
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Cosa potrebbe cambiare per l’Europa con i dazi voluti da Donald Trump
  • Donald Trump ha annunciato dazi sui prodotti importati da Canada, Messico e Cina.
  • Promette di fare lo stesso anche nei confronti dell’Unione europea, ma i dettagli non sono ancora chiari.
  • Per l’Europa gli Stati Uniti sono un mercato importantissimo, soprattutto per il settore manifatturiero e automotive.
  • Il rischio concreto è che i dazi inneschino un aumento dei prezzi e un generale rallentamento dell’economia.

Donald Trump che, appena iniziato il suo secondo mandato come presidente degli Stati Uniti, impone dazi aggiuntivi sui prodotti in arrivo da Canada, Messico e Cina. Le Borse impazzite, Trump che torna parzialmente sui suoi passi – ma al contempo minaccia di fare lo stesso nei confronti dell’Unione europea. È scoppiata una guerra commerciale? Ci saranno ripercussioni per i cittadini europei?

Cosa ha deciso Donald Trump sui dazi 

Partiamo dal principio. Con il termine dazi ci si riferisce alle imposte applicate sulle merci importate da un altro paese. Sono la misura protezionistica per eccellenza: se i beni in arrivo dall’estero costano di più, è inevitabile che quelli prodotti localmente diventino più convenienti. Nello specifico, si parla di antidumping quando un paese estero prova a conquistarsi i mercati internazionali tenendo artificialmente bassi i prezzi di determinate merci e queste tasse correggono tali storture. Ma i dazi possono diventare anche una leva nelle relazioni internazionali, quando vengono usati per penalizzare paesi considerati sleali.

L’ordine esecutivo firmato da Donald Trump il 1° febbraio sostiene proprio che Cina, Messico e Canada non abbiano fatto abbastanza per fermare l’immigrazione illegale e siano complici del contrabbando di fentanyl, droga che ha generato una crisi sanitaria di proporzioni gigantesche. Pertanto, impone dazi aggiuntivi del 25 per cento sui beni importati da Canada e Messico e del 10 per cento su quelli cinesi. “I dazi sono una misura comprovata e potente per tutelare l’interesse nazionale”, si legge nell’ordine esecutivo, che ricorda come la bilancia commerciale statunitense (cioè la differenza tra le merci importate e quelle esportate) sia in negativo per oltre mille miliardi di dollari.

La decisione ha affossato le Borse, anche europee, e ha portato la Cina a reagire imponendo dazi 15 per cento su carbone e gas naturale liquefatto in arrivo dagli Stati Uniti e del 10 per cento sul petrolio e altri beni. Per la loro entrata in vigore è questione di pochi giorni, ma sembra che nel frattempo siano in programma colloqui tra Donald Trump e Xi Jinping. Canada e Messico, invece, si sono detti disponibili a collaborare e sono stati “premiati” con una pausa di 30 giorni.

Trump imporrà dazi anche sui beni in arrivo dall’Unione europea?

La questione non si chiude certo qui. Al suo arrivo in Maryland il 5 febbraio, infatti, Donald Trump ha confermato alla Bbc di avere intenzione di imporre dazi anche sui prodotti in arrivo dall’Unione europea. “Non direi che c’è una tabella di marcia, ma succederà piuttosto presto”, ha dichiarato. Riferendosi agli europei, ha detto: “Non prendono le nostre auto, non prendono i nostri prodotti agricoli, non prendono quasi niente e noi invece prendiamo tutto da loro. Milioni di automobili, enormi quantità di cibo e prodotti agricoli”. Se vedrà attaccati i propri interessi commerciali, l’Unione europea “dovrà farsi rispettare e quindi reagire”, ha già precisato il presidente francese Emmanuel Macron. Non è chiaro se all’orizzonte ci siano analoghe misure nei confronti del Regno Unito: per ora i rapporti tra Trump e il premier Keir Starmer sembrano distesi.

Quanto conta per l’Unione europea il commercio con gli Stati Uniti

Dopo la Cina, l’Unione europea vanta il maggiore surplus commerciale con gli Stati Uniti: nel 2023 la differenza tra il valore dei beni esportati e quelli importati superava i 156 miliardi di euro. Questo margine però si assottiglia se si prendono in considerazione anche i servizi, per cui invece l’Unione – sempre nel 2023 – vede un disavanzo commerciale pari a 108,6 miliardi di euro. Un calo degli scambi con gli Stati Uniti avrebbe quindi conseguenze importanti. Soprattutto in quei paesi in cui rappresentano una quota considerevole sul totale dell’export, come Irlanda (25 per cento), Germania e Italia (entrambe attorno al 10 per cento). Senza conoscere i dettagli, è impossibile fare previsioni sull’impatto economico dei futuri dazi imposti da Donald Trump: quel che è certo per ora è l’Unione esporta negli Stati Uniti soprattutto macchinari, attrezzature, veicoli e componenti, per un valore complessivo di oltre 200 miliardi di euro nel 2023.

Come sottolinea il New York Times, non è detto che una bilancia commerciale in attivo sia sinonimo di un’economia sana. L’ultima in ordine di tempo per gli Stati Uniti risale al 1975, in piena recessione. E non è nemmeno detto che un deficit commerciale sia necessariamente figlio di politiche sleali: in molti casi, è semplicemente dovuto al fatto che il rapporto qualità-prezzo dei prodotti di importazione risulti più conveniente. Lo dimostra il fatto che, nell’insieme, i dazi che Unione europea e Stati Uniti si impongono reciprocamente siano piuttosto simili. Alcuni mercati, però, sono più delicati di altri. Per le auto importate dall’estero ad esempio l’Unione europea impone dazi del 10 per cento, contro il 2,5 per cento richiesto dagli Stati Uniti.

Serpeggia quindi una certa preoccupazione nel comparto automotive tedesco, già alle prese con una profonda crisi, che teme di essere danneggiato due volte: sia dai futuri dazi imposti sull’Unione europea, sia da quelli già annunciati sul Messico. Sugli 1,3 milioni di veicoli venduti dalle case automobilistiche tedesche negli Stati Uniti lo scorso anno, infatti, circa uno su quattro era stato prodotto proprio in Messico, negli stabilimenti costruiti ad hoc per approfittare dell’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Messico e Canada siglato durante il primo mandato di Trump.

Quali prospettive per l’economia 

In linea generale, Trump sostiene che scoraggiare le importazioni avvantaggi le imprese statunitensi, con conseguenze positive in termini di fatturato, creazione di posti di lavoro e dunque calo dell’inflazione. Di norma, però, chi impone dazi innesca un aumento dei prezzi nel proprio mercato interno, perché le aziende che acquistano dall’estero si trovano alle prese con costi più alti e li scaricano sui consumatori finali.

È dunque prevedibile che gli Stati Uniti – e l’Unione europea con loro, se alzerà i dazi a sua volta – vadano incontro a un incremento dell’inflazione. Il quale, a sua volta, costringe le banche a tenere alti i tassi di interesse: se a questo si aggiunge il calo delle esportazioni, la conseguenza inevitabile è un rallentamento dell’economia. Secondo gli analisti di Deutsche Bank, basterebbe l’imposizione di un dazio fisso del 10 per cento sui prodotti europei esportati negli Stati Uniti per far calare dello 0,5-0,9 per cento il prodotto interno lordo (Pil) del continente. Sostanzialmente dimezzando la crescita prevista per il 2025, stimata nell’1,5 per cento.