Attiviste costrette a spogliarsi in questura: se l’umiliazione è socializzata donna
Nella giornata del 13 gennaio, i gruppi di Ultima Generazione, Palestina Libera e Extinction Rebellion, hanno portato avanti un’azione di disobbedienza civile pacifica davanti alla sede di Brescia di Leonardo SPA, chiedendo la fine della guerra a Gaza e delle collaborazioni tra l’azienda e lo stato di Israele. Tutte le persone sono state portate in […] The post Attiviste costrette a spogliarsi in questura: se l’umiliazione è socializzata donna appeared first on The Wom.
Nella giornata del 13 gennaio, i gruppi di Ultima Generazione, Palestina Libera e Extinction Rebellion, hanno portato avanti un’azione di disobbedienza civile pacifica davanti alla sede di Brescia di Leonardo SPA, chiedendo la fine della guerra a Gaza e delle collaborazioni tra l’azienda e lo stato di Israele. Tutte le persone sono state portate in questura, ree di aver espresso la propria opinione e scritto su un muro. Alcune attiviste hanno poi denunciato di essere state costrette a spogliarsi e a fare dei piegamenti sulle gambe.
“Ci hanno chiesto di spogliarci”: cos’è accaduto in questura
Dopo il rilascio, lə attiviste, hanno denunciato l’accaduto sui propri canali social: «Dopo oltre 7 ore di fermo in Questura, sono state rilasciate le 23 persone di Extinction Rebellion, Palestina Libera e Ultima Generazione che erano state fermate dopo la manifestazione pacifica avvenuta presso la Leonardo SPA di Brescia. Con dolore apprendiamo che molte delle persone identificate come donne sono state costrette a spogliarsi e a eseguire piegamenti sulle gambe, trattamento non riservato invece alle persone di sesso maschile».
Il video e l’interrogazione parlamentare
Molte di noi apprendono la notizia in ritardo e in particolare grazie al video di una delle persone identificate come donne che denuncia l’accaduto. Allo stesso tempo, Marco Grimaldi, parlamentare di AVS – Alleanza Verdi e Sinistra, ha parlato dell’accaduto nelle sedi istituzionali asserendo: «Spieghino gli agenti della Questura di Brescia come mai hanno sottoposto a sette ore di fermo persone che avevano fornito i documenti e quindi non dovevano essere trattenute in base all’articolo 349 del codice di procedura penale. Ma, soprattutto, spieghino perché donne e ragazze sarebbero state costrette a spogliarsi e a eseguire piegamenti sulle gambe».
La risposta della questura
«La Questura ha svolto le proprie attività di indagine e d’ufficio secondo le modalità consone del rispetto dei diritti e delle dignità delle persone». Questa la posizione riportata dall’Ansa della Questura di Brescia, che ha aggiunto: «Tenuto conto delle ripetute condotte illecite poste in essere – che minavano costantemente l’ordine e la sicurezza pubblica – 22 manifestanti sono stati accompagnati in questura per gli adempimenti di polizia, consistiti nella redazione di numerosi atti quali: elezione di domicilio, verbali di perquisizioni personali, verbali di sequestro materiale, nomina di difensore, notifica dei provvedimenti amministrativi. Si è proceduto alle perquisizioni personali tenuto conto delle azioni poste in essere dai manifestanti e per salvaguardare l’incolumità degli operatori di Polizia. Nel corso delle singole perquisizioni, svolte da personale femminile per le donne, è stato chiesto di effettuare piegamenti sulle gambe al fine di rinvenire eventuali oggetti pericolosi».
Ciò che è accaduto a Brescia è solo l’ennesima dimostrazione del doppio standard che, anche nella repressione, colpisce le persone socializzate come donne rispetto a quelle socializzate come uomini.
Sorella io ti credo. Gli abusi di Brescia e il caso di Leonardo Caffo
Anche questa vicenda mette in luce la facilità con cui le donne non vengono credute. Una situazione che ricorda il recente caso del filosofo Leonardo Caffo. Era accaduto infatti che Chiara Valerio, scrittrice e curatrice della mostra “Più libri, più liberi”, fieramente femminista, avesse invitato proprio Leonardo Caffo a presenziare a tale evento. La fiera, svoltasi a inizio dicembre, era dedicata alla memoria di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio. Nel contempo, proprio su Caffo pendevano delle accuse di maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna. Accuse però che sono state respinte da Chiara Valerio stessa, che ha strenuamente difeso il suo amico. Alla fine di questa vicenda, l’attenzione mediatica sviluppatasi sulla stessa ha però aiutato a far luce sugli eventi, portando alla richiesta da parte della procura di 4 anni e mezzo di reclusione per il filosofo.
Nella stragrande maggioranza dei casi, se una donna chiede aiuto è perché necessita realmente di quell’aiuto e se quell’aiuto non le viene fornito, la società ne diventa complice
Cerchiamo quindi di far fede fino in fondo al motto “Sorella io ti credo”.
E ti sostengo.
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