Terremoto, il parere del geologo: “Previsioni impossibili, seguiamo le norme di protezione civile”
Intervista a Enrico Tavarnelli, docente all’Università di Siena: “Non esistono strumenti per valutare cosa succede nel dettaglio”
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Siena, 7 febbraio 2025 – “Questa sequenza di scosse ci ricorda prima di tutto che bisognerebbe conoscere meglio e diffondere sempre più le buone norme contenute nel protocollo della campagna ’Io non rischio’ della Protezione Civile”. Enrico Tavarnelli è professore ordinario di Geologia strutturale al dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena. E valuta ciò che sta succedendo a Siena sul fronte sisma.
Partiamo da qui professor Tavarnelli: qual è la prima regola da seguire?
“Non precipitarsi per strada facendosi prendere dal panico. Capisco che si possa avere paura, ma bisogna essere razionali e, se ci troviamo all’interno di un edificio, cercare per prima cosa un’apertura al di sotto di un muro portante. È il posto dove si trova maggiore sicurezza. Percorrendo scale e riversandosi in strada si rischia di essere travolti dal crollo di cornicioni e altre infrastrutture murarie”.
E passato il momento dell’emergenza?
“Ci sono i punti di raccolta, chiaramente elencati nelle indicazioni contenute nella campagna di sensibilizzazione della Protezione civile, coordinata dalla sua autorità principale, il sindaco”.
Ma secondo lei cosa sta succedendo sotto i nostri piedi? È possibile capirlo con ragionevole precisione?
“Non credo si possa trattare l’argomento definendolo nel dettaglio, semplicemente perché non abbiamo gli strumenti per comprendere come si stanno muovendo porzioni di crosta terrestre sollecitate da fratture poste a quattro-sette chilometri di profondirà. Certo, sappiamo pur con un margine di approssimazione quali sono le caratteristiche delle faglie responsabili delle scosse, dal momento che sappiamo dove è l’epicentro”.
Solo questo?
“È difficile essere più precisi perché poco si può dire sui vettori di movimento relativo avvenuto lungo la faglia; in alcuni casi può essere ricostruito attraverso lo studio delle soluzioni dei meccanismi focali, che aiutano a determinare le proprietà cinematiche delle faglie attivate durante il terremoto”.
Quello che è successo in passato ci aiuta a capire cosa potrà succedere ancora?
“Lo studio delle serie storiche ha una sua validità ed è di indubbio interesse. Può aiutare tutti noi a farci un’idea, ma non ci consente di prevedere cosa potrà o cosa non potrà accadere”.
Tradotto, non può rassicurare sul fatto che non si verificheranno terremoti di un’intensità superiore alla media?
“È così: servirebbe la sfera di cristallo per capire se una scossa di intensità x è il preludio a uno sciame più importante oppure sarà accompagnata da altre di minore intensità. Questo non vuole dire che dobbiamo allarmarci più del dovuto, ma nemmeno sottovalutare l’evento e dire che il pericolo non esiste”.
È un tema su cui, vedi L’Aquila, si è aperto anche un lungo fronte giudiziario.
“La verità è che non siamo in grado di fare previsioni attendibili sull’attività sismica; farlo basandosi sullo studio della sismicità storica significa non mettere in conto che esistono possibili e imprevedibili forme di evoluzione. In Italia si annoverano nella storia della sismicità recente decine di casi. A San Giuliano di Puglia, territorio che non era classificato come sismico, crollò una scuola con le drammatiche conseguenze che tutti ricordiamo. Rischia di essere fuorviante concentrarsi sul passato, che pure fornisce importanti indicazioni, e raccomando invece di adottare le norme comportamentali stilate dalla Protezione civile in caso di sisma”.
Certo che la coincidenza temporale con quanto accaduto a inizio febbraio 2023è sorprendente: è una casualità?
“Non saprei dirlo: probabilmente no, dal momento che gli epicentri dei due eventi sono molto vicini. Anche se nessuno può affermare con certezza che a muoversi siano le stesse faglie o faglie limitrofe, o che ancora non si tratti del rilascio di tensioni accumulate due anni fa”.