Perché è truffaldino il teatrino sull’Apocalisse del debito pubblico italiano

Gli allarmismi farlocchi sugli ultimi dati del debito pubblico italiano. Il commento di Giuseppe Liturri

Jan 17, 2025 - 08:22
Perché è truffaldino il teatrino sull’Apocalisse del debito pubblico italiano

Gli allarmismi farlocchi sugli ultimi dati del debito pubblico italiano. Il commento di Giuseppe Liturri

Puntuale, come il pagamento delle tasse a metà mese, con la stessa frequenza arriva anche il bollettino di Bankitalia che ci fornisce i dettagli sul livello del debito pubblico. Con altrettanta puntualità, siamo costretti a sorbirci la ormai solita dose di “allarmi” su “fardelli” di varia natura che noi irresponsabili spendaccioni staremmo lasciando “sulle spalle” delle future generazioni. Questa volta è andata di moda la frase «il debito sfonda il muro…», come curiosamente riportato sia da Repubblica che da Il Sole 24 Ore.

In una goffa rappresentazione dell’economia della “partita singola”, in cui quei soldi sono bruciati in un falò  e non invece spesi, per esempio, per pagare stipendi agli insegnanti e ai medici e per realizzare e manutenere ferrovie e strade.

Questo mese le préfiche disperate in servizio permanente effettivo sono state ancora più chiassose perché è stata superata la simbolica soglia dei 3.000 miliardi. Per la precisione €3.005.184 milioni.

Un numero che è rimbalzato di redazione in redazione senza minimamente curarsi di quale sia la dinamica del debito pubblico, tanto bastava l’effetto pirotecnico della soglia superata.

Ci dispiace deludere i sostenitori dell’apocalisse e dell’«Italia sull’orlo del baratro» (una frase che non significa nulla e squalifica chi la pronuncia, ma che è sempre andata di moda, come il nero) ma la situazione della finanza pubblica italiana è sotto controllo e certamente migliore, giusto per fare un esempio a caso, di quella dei cugini transalpini, i cui conti sono letteralmente fuori controllo.

Perché è vero che conta il livello (il cosiddetto stock) ma conta altrettanto, se non di più, il flusso e le finanze pubbliche dei francesi sembrano un colabrodo, mentre le nostre sembrano un pozzo a tenuta stagna.

Il superamento della soglia è semplicemente una illusione contabile. Perché il debito è cresciuto soltanto perché al Mef hanno ritenuto opportuno emettere titoli eccedenti il fabbisogno del mese per mettere fieno in cascina, cioè fare aumentare le disponibilità liquide presso Bankitalia, aumentare da 42 a 63 miliardi, nonostante ci fosse da finanziare anche un modesto fabbisogno. In sostanza il debito è aumentato perché abbiano deciso di mettere denaro in cassa, non perché le uscite fossero superiori alle entrate e richiedessero quindi altro debito per finanziare il saldo negativo.

Un atteggiamento prudente, per evitare di ricorrere al mercato con emissioni nel mese di dicembre, tradizionalmente caratterizzato da elevata volatilità e scarsa liquidità. Perdipiù la scelta del Mef è stata premiata anche dalla dinamica del mercato che, proprio dalla prima settimana di dicembre, ha smesso di credere ad ulteriori tagli di tassi negli Usa, provocando un significativo ribasso nei prezzi (e rialzo dei tassi) dei titoli obbligazionari governativi.

Il Mef ha così evitato di andare a stuzzicare gli investitori in un contesto non propriamente favorevole.

Non a caso, per tenere conto di queste dinamiche di gestione della tesoreria, Bankitalia pubblica sempre il livello del debito pubblico al netto delle disponibilità liquide (che è rimasto sostanzialmente inalterato poco al di sotto di 2.950 miliardi) ma leggere quest’ultimo dato è sembrata fatica troppo ardua nella gran parte delle redazioni, che avevano solo bisogno del titolo roboante.

Visto che ci siamo, ci permettiamo di “rivelare” una notizia: a dicembre il debito scenderà nuovamente sotto i 3.000 miliardi, perché il bilancio statale si è chiuso con un avanzo e il Mef ha potuto pure permettersi di annullare le aste di fine anno e di rimborsare alla Bce titoli per circa 13 miliardi.

In ogni caso, ben 650 di quei 3.000 miliardi sono in portafoglio a Bankitalia/Bce che, a meno di improvvisi cambi di rotta nella politica monetaria, dovrà attendere circa 8 anni per attendere l’integrale rimborso. Completano il quadro 96 miliardi di debito verso la Commissione, per i prestiti connessi soprattutto al Pnrr. La famosa «pioggia di miliardi» del governo di Giuseppe Conte è già iscritta a debito.