Perché Salvini e Zaia legano
Le ultime novità in casa Lega di Salvini su Zaia e non solo. La nota di Sacchi.
Le ultime novità in casa Lega di Salvini su Zaia e non solo. La nota di Sacchi
La prima “quadra” la trova Matteo Salvini, al termine della riunione del massimo organo dirigente della Lega che registra, spiega una nota del partito nel pomeriggio di ieri, “totale sintonia e condivisione degli obiettivi” tra lui, “Luca Zaia e l’intero consiglio federale”. Poiché “il Veneto è un modello di buon governo apprezzato a livello nazionale e internazionale”. Quindi per la Lega, “squadra che vince non si cambia”.
La Lega, come era prevedibile, fa quadrato su Zaia che l’altro ieri aveva rimesso duramente sotto i riflettori, richiamando di fatto anche l’attenzione di tutto il suo partito, la partita del Veneto, uscendo da un lungo e diplomatico silenzio con toni fermi e anche schiettamente, ruvidamente leghisti verso gli alleati. Fdi rivendica un suo candidato e FI ha proposto l’eterno contendente di Zaia, Flavio Tosi, l’ex sindaco di Verona passato dal Carroccio agli azzurri.
Sia Fdi che Fi sono uniti dal no al terzo mandato. Secondo alcune interpretazioni un po’ troppo “romanocentriche”, detto alla maniera di Zaia, o comunque da “Palazzo”, costruite a tavolino, la partita sarebbe risolta anche proponendo al presidente del Veneto la candidatura a sindaco di Venezia. Ma per chi conosce da una vita il “doge”, “sono ragionanamenti a cavolo di fronte ai quali Zaia anzi rilancia ancora di più: non è tipo, Luca, da fare marcia indietro”. Quindi, Salvini, il segretario federale la “quadra” innanzitutto la trova così: non si mette affatto in discussione il governo nazionale (cosa che potrebbe inevitabilmente provocarlo una corsa in solitaria della Lega con la Lista Zaia in Veneto, seppur c’è chi sostiene che è sempre la Liga Veneta ad avere l’ultima parola in una logica autonomista, ndr), ma non si mette in discussione neppure “il buon governo, riconosciuto come modello a livello nazionale e internazionale, della Lega e di Zaia in Veneto”. Affermazione, fatta con Bruno Vespa a Rai1 “5 minuti” nella serata di ieri. Salvini illustra la sintesi: la Lega blinda Zaia, non bisogna mettere in discussione il buon governo “per scelte romane”.
È la frecciata che invia agli alleati. Salvini premette che “in questi due anni e pochi mesi di governo la Lega è stata assolutamente leale in ogni votazione nei confronti del governo e la stabilità del governo italiano è un patrimonio che l’Europa ci sta invidiando e che ci sta premiando economicamente. Non si mette in discussione assolutamente un governo che arriverà a tutti e cinque gli anni”. Ma poi mette i puntini sulle i: “Sicuramente un conto è il voto politico, altra cosa è la buona amministrazione locale. Se il buon governo della Lega e di Zaia in Veneto da anni è riconosciuto a livello internazionale, da tutti i punti di vista, metterlo in discussione per equilibri politici e per scelte romane non mi sembrerebbe utile”. Conclusione: “Sono sicuro che con gli alleati troveremo una quadra come abbiamo sempre trovato, e sono sicuro che nessuno voglia mettere in discussione uno dei governi più virtuosi d’Europa per mettere una bandierina da qualche parte”.
Come avrebbe detto Zaia, videocollegato con la Sala Salvadori di Montecitorio, in ballo ci sono questioni dirimenti, che attengono alla stessa natura identitaria della Lega come l’Autonomia e il buon governo, di cui il governatore più votato d’Italia è uomo simbolo. Sul terzo mandato la Lega è “assolutamente” tutta al fianco di Zaia”, assicura il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, pilastro della Lega di ieri e di oggi. E alla domanda se si troverà la quadra con gli alleati risponde sicuro: “Ma si trova, si trova…”.
Il capogruppo al Senato e segretario della Lega Lombarda, Massimiliano Romeo, va oltre il Veneto: “La Lega, ovviamente, essendo un partito del territorio, si vuole tenere le regioni dove governa, il buon governo. È interesse della Meloni trovare una soluzione soddisfacente che faccia sì che gli alleati leali e collaborativi siano soddisfatti”.
E dalla parte del no al limite dei mandati per i presidenti di Regione si schiera anche il sindaco di Milano, il pd Giuseppe Sala, che in questo sembra allinearsi al suo collega di partito, il presidente campano Vincenzo De Luca. Il consiglio federale della Lega ha anche espresso parere favorevole all’elezione diretta dei presidenti di Provincia. In particolare, la volontà di renderlo possibile in Sicilia già dalla prossima primavera. È nel programma del governatore azzurro Renato Schifani. La Lega sembra mandare così segnali agli alleati anche nell’ambito della partita del Veneto.
La Lega, poi prosegue la nota, è “ovviamente favorevole all’elezione diretta di tutti i presidenti delle Province e nel corso del consiglio federale è stato fatto un approfondimento particolare anche sul Friuli Venezia Giulia, che ha già avviato l’iter votando la reintroduzione delle Province elettive in Consiglio. Ora la palla passa al Parlamento, che deve approvare le modifiche di statuto”. Nel corso della riunione del massimo organo dirigente va in onda l’orgoglio leghista. E si fa notare che è stato rilevato anche l’aumento degli iscritti e degli eletti rispetto all’anno scorso. “I sindaci sono ormai diventati 500, più di 5.000 i consiglieri e gli assessori comunali, 150 i consiglieri e gli assessori regionali”. Se poi il Veneto e le altre regionali venussero rinviate al 2026 come ha chiesto la Lega per un election day accorpato alle Amministrative per una netta riduzione dei costi, chiaro che ci sarebbe più tempo per trovare una soluzione.
La palla è ora passata a Giorgia Meloni che è anche presidente di FdI. E che, occorre ricordare, alla conferenza srampa di inizio d’anno aveva usato toni più diplomatici di quanto le vengono attribuiti dai media, dicendo che la proposta di Fdi di avere un candidato in Veneto è da prendere in considerazione ma che come sempre si deciderà tutti insieme dopo un confronto con gli alleati.
Salvini, intanto – dopo essere stato oggetto di un attacco senza precedenti dalle opposizioni sui ritardi dei treni, con un livello di personalizzazione mai visto nei confronti di un ministro dei Trasporti in un Paese che per la puntualità dei treni non è mai stato come un orologio svizzero – ricorda che i periodi in cui ci fu il massimo storico dei ritardi (e periodi in cui non c’era come ora “il massimo dei cantieri aperti”) sono quelli in cui erano ministri del settore il pentastellato Toninelli e il prodiano del Pd, Delrio.
Da notare che uno dei più agguerriti contro Salvini è Matteo Renzi la cui Iv ha aperto addirittura una petizione. Cosa da cui si denota che Renzi più che un centro, per risalire la china degli esigui consensi nel Paese, intende costruirsi l’immagine del vero capo, quello più intransigente dell’opposizione.
Quanto alla gravissima ipotesi di appositi atti di sabotaggio sui quali un esposto delle Fs chiede di indagare, il ministro, vicepremier e leader leghista affonda il colpo: “Oggi, dopo l’esposto i ritardi all’improvviso sono tornati nell’ambito dei 5 minuti. Sarebbe inaccettabile che qualcuno per fare rivolta sociale e battaglie contro di me causi guasti e danni per cittadini, lavoratori e tutti coloro che viaggiano”.