L’Intelligenza Artificiale è davvero un affare? | L’analisi
Quasi 25 anni fa, era il 10 marzo 2000, l’acquisto frenetico delle azioni dot.com aveva gonfiato il Nasdaq fino al picco di 5.132 punti.Quella data aveva segnato l’inizio della fine della bolla speculativa relativa alle dot-com, le aziende che basavano il business sull’erogazione di servizi tramite l’allora nascente web.Il Nasdaq toccò il punto più basso […] L'articolo L’Intelligenza Artificiale è davvero un affare? | L’analisi proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.
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Quasi 25 anni fa, era il 10 marzo 2000, l’acquisto frenetico delle azioni dot.com aveva gonfiato il Nasdaq fino al picco di 5.132 punti.
Quella data aveva segnato l’inizio della fine della bolla speculativa relativa alle dot-com, le aziende che basavano il business sull’erogazione di servizi tramite l’allora nascente web.
Il Nasdaq toccò il punto più basso a ottobre 2002, 1.100 punti.
Molte start-up tecnologiche fallirono e oltre la metà non sopravvisse oltre il 2004.
Cosa era successo?
La bolla, scrive MF-Milano Finanza, venne causata da diversi fattori, primo fra tutti la sopravvalutazione di queste società che ignorava l’analisi fondamentale e si concentrava su elementi come il traffico web.
Qualunque azienda che metteva il suffisso .com attirava enormi quantità di capitali senza avere pressioni a generare denaro a breve.
Gli investitori erano convinti di mettere denaro in aziende che avrebbero cambiato il mondo.
Poi l’euforia e la speculazione irrazionale lasciarono improvvisamente il posto al panico perché il mercato iniziò a rendersi conto dei rischi delle società tech senza un modello di business consolidato.
Ma l’industria tecnologica di per sé era tutt’altro che in bolla.
Si trattava soltanto di un mercato agli inizi che stava gettando le basi a una crescita destinata a diventare sempre più accelerata.
I primi iPhone arrivarono sette anni, nel 2007.
Da lì in poi lo sviluppo del settore tecnologico è stato esponenziale fino ad arrivare al mondo dell’intelligenza artificiale (AI).
Prima i big data, poi il machine learning hanno preparato la strada alla rivoluzione dell’AI che produce già risultati non soltanto economici, ma nella vita di tutti i giorni.
L’innesco c’è stato: l’AI è destinata a diventare man mano più sofisticata, come tutte le tecnologie, con una velocità sempre maggiore.
Se ci sono voluti sette anni per arrivare dalla bolla dot.com al primo iPhone, ora sono passati poco più di due anni dal lancio della statunitense ChatGpt all’arrivo di DeepSeek, che lunedì 27 gennaio ha fatto tremare i titoli dell’AI e dei semiconduttori.
La start up cinese ha sfidato il dominio della Silicon Valley provocando sul Nasdaq il crollo del titolo Nvidia, simbolo della rivoluzione dell’AI, che ha perso il 17% in un solo giorno, mentre il Nasdaq ha avuto un calo di oltre il 3%.
Nell’ultimo fine settimana di gennaio DeepSeek è diventata la app di AI più scaricata negli Usa perché gratuita.
I suoi sviluppatori hanno dichiarato investimenti per solo 6 milioni di dollari per addestrarla.
Un importo che però ha subito sollevato dubbi.
“Ci sono pochissime informazioni sui costi di formazione del modello di DeepSeek.
La cifra di 6 milioni di dollari sembra molto discutibile”, osservano Karen Kharmandarian e Alexandre Zilliox, gestori di Thematics.
“DeepSeek non sta spingendo la frontiera dei modelli di intelligenza artificiale, ma sta solo rendendo più economici quelli esistenti”, sottolinea Anjali Bastianpillai, money manager di Pictet.
Quindi l’arrivo di DeepSeek fa capire che la Cina deve innovare e non inseguire.
Anche perché il successo delle grandi aziende tecnologiche statunitensi è frutto di investimenti sempre maggiori: se nel 2000 Microsoft aveva stanziato 4 miliardi di dollari su un fatturato di 23 miliardi, per quest’anno ha dichiarato che investirà soltanto nell’AI 80 miliardi su ricavi per 245 miliardi.
In questa nuova ondata tecnologica anche i gestori si sono resi conto delle potenzialità dell’intelligenza artificiale e già da qualche anno propongono diversi fondi attivi ed Etf per permettere ai risparmiatori di investire sul settore.
I loro rendimenti sono tutti a doppia cifra, con punte del 39% a un anno tra i fondi e di più del 31% tra gli Etf.
E le prospettive restano positive.
Se Deepseek “è in grado di addestrare un modello a un costo basso, implica che la redditività aumenterà.
Il fatto che Meta abbia annunciato le sue intenzioni di investimento dopo questa notizia dimostra che gli hyperscaler come Microsoft rimangono ottimisti sui ritorni.
I miglioramenti di efficienza di DeepSeek potrebbero portare a una maggiore adozione dei modelli di AI“, ricorda Bastianpillai.
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