Dazi Usa, muraglia cinese: nel mirino gas, petrolio e carbone

Indagine anti-monopolio contro Google e reclamo al Wto per “azioni dolose”

Feb 5, 2025 - 04:41
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Dazi Usa, muraglia cinese: nel mirino gas, petrolio e carbone

Roma, 5 febbraio 2025 – L’attesa telefonata tra Donald Trump e il numero uno cinese XI si tinge di mistero. Nel giorno delle contromosse della Cina rispetto ai dazi imposti dal presidente Usa, i riflettori sono stati puntati per tutta la giornata sul colloquio tra i due leader che, nelle previsioni degli analisti, avrebbe dovuto fermare, dopo il congelamento della guerra commerciale con Canada e Messico, la macchina delle super tasse reciproche con il Dragone e avviare i negoziati più volte annunciati in queste ore. Ma la speranza è durata fino a quando una fonte vicina alla Casa Bianca l’ha spenta: oggi (ieri, ndr) niente chiamata. Una doccia semifredda che arriva mentre resta difficile, per usare un eufemismo, il rapporto tra la nuova amministrazione e l’Europa, con il Regno Unito, che, però, si sfila dall’asse dei duri (capeggiato da Francia e Germania) e punta a giocarsi, come sempre, le carte in solitaria con le ex colonie.

Reazione cinese

Un minuto dopo l’avvio concreto delle tariffe statunitensi del 10% sull’import di tutti i beni made in China, il ministero del Commercio ha annunciato la lista delle ritorsioni: aliquote del 15% su carbone e gas naturale liquefatto a stelle e strisce, del 10% aggiuntivo su petrolio, attrezzature agricole e alcuni veicoli di grossa cilindrata Usa, efficaci da lunedì 10 febbraio. La reazione cinese prevede anche una stretta generale sui controlli all’export di tungsteno, tellurio e altri prodotti in metalli rari che potrebbero essere utilizzati per beni ad alta tecnologia come le batterie al litio. Non basta. Le aziende americane Pvh – che controlla i brand Calvin Klein e Tommy Hilfiger – e Illumina sono finite nella lista delle cosiddette “entità inaffidabili”. L’Antitrust cinese ha poi annunciato l’avvio di una non meglio specificata indagine anti-monopolio su Google i cui prodotti, come il motore di ricerca, sono, però, bloccati nel Dragone. “L’imposizione di tariffe da parte degli Stati Uniti sull’export cinese è una grave violazione delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio”, hanno spiegato dal ministero del Commercio, criticando la condotta Usa “di natura dolosa, tipica dell’unilateralismo e di forme di protezionismo”. Certo è che, nonostante Pechino non abbia replicato sui dazi con toni conflittuali, non ha però offerto a Washington concessioni immediate come Canada e Messico.

In Europa il Regno Unito balla da solo

Non è bastata la prima partecipazione di un premier britannico ad un vertice Ue dalla Brexit a convincere Keir Starmer a muoversi insieme con Bruxelles contro i dazi di Trump. Downing Street, pur in un contesto generale di riavvicinamento con l’Unione, ha scelto di restare ancorata alla storica alleanza con Washington. Secondo il Times, nel corso della cena con i 27 di lunedì sera, Starmer ha chiarito che non seguirà Bruxelles in eventuali ritorsioni commerciali anti-Usa. La Norvegia, che non è membro dell’Ue ma dello Spazio economico europeo, ha arruolato, invece, l’ex segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, per il ministero delle Finanze. Più di tutti sulle barricate resta la Francia. A Trump non vanno fatte “concessioni” nella trattativa, bisogna prepararsi ad “una ritorsione”, hanno avvertito i ministri dell’Industria e del Commercio, Marc Ferracci e Laurent Saint-Martin. Sulla stessa linea Berlino. Mentre il ministro Adolfo Urso, come Giorgia Meloni, fa sapere che “con Trump bisogna dialogare, occorre evitare una guerra commerciale, sarebbe devastante per ciascuno di noi”. Di sicuro Ursula von der Leyen spiega che l’Ue agirà “tutelando sempre i nostri interessi come e quando sarà necessario”.