Asset allocation: prematuro tornare a investire in azioni europee? L’alternativa svizzera

Nelle ultime settimane del 2024 e all’indomani delle elezioni americane, il sentiment nei confronti dell’economia e dei mercati azionari europei ha toccato il fondo. Le motivazioni di tale sfiducia erano, e sono tuttora, forti: l’attività economica europea, e in particolare il ciclo manifatturiero, appare in caduta libera, i principali Stati membri dell’UE stanno affrontando crisi... Leggi tutto

Feb 3, 2025 - 22:40
 0
Asset allocation: prematuro tornare a investire in azioni europee? L’alternativa svizzera

Nelle ultime settimane del 2024 e all’indomani delle elezioni americane, il sentiment nei confronti dell’economia e dei mercati azionari europei ha toccato il fondo. Le motivazioni di tale sfiducia erano, e sono tuttora, forti: l’attività economica europea, e in particolare il ciclo manifatturiero, appare in caduta libera, i principali Stati membri dell’UE stanno affrontando crisi politiche o periodi di instabilità, la deriva delle spese pubbliche durante e nel periodo successivo alla pandemia, combinata all’aumento dei costi di finanziamento, costringe i Governi a prendere in considerazione un significativo inasprimento fiscale in un momento di rallentamento o di recessione dell’economia.

Gli ultimi positivi sviluppi sul fronte macro – le indagini PMI – e politico – in Francia e Germania – appaiono tuttavia fragili. In assenza di robusti catalizzatori per la domanda interna europea, il contesto economico potrebbe non resistere allo shock di un aumento significativo dei dazi statunitensi o di una concorrenza ancora più agguerrita da parte delle case automobilistiche cinesi.

In questo scenario, afferma Jean-Louis Nakamura, Head of Conviction Equities di Vontobel, “Continuiamo a considerare le azioni svizzere come un modo efficiente per mantenere un’esposizione indiretta ai mercati europei principali, offrendo al contempo un’esposizione sottostante diversa rispetto ai benchmark azionari statunitensi e globali che sono altamente concentrati”.

Con oltre il 90% dei loro ricavi generati al di fuori della Svizzera, di cui il 25% in altri Paesi europei, le società svizzere quotate in Borsa beneficerebbero di un qualsiasi eventuale miglioramento a breve termine delle economie europee – spiega Nakamura – inoltre, grazie al loro forte posizionamento a livello settoriale e alla loro leadership nei rispettivi mercati, la maggior parte di queste società sono price maker e dovrebbero risentire meno delle loro controparti europee di eventuali ulteriori dazi statunitensi. Le stesse caratteristiche di qualità, unite alla stabilità delle istituzioni svizzere e allo status di porto sicuro del franco svizzero, consentirebbero inoltre a questa proxy delle borse europee di essere più resiliente, soprattutto in assenza di coperture per gli investitori non svizzeri, in caso di nuova debolezza dei titoli europei”.

Le prospettive delle azioni green

Come le azioni europee, anche quelle legate all’energia pulita e alla transizione energetica sono state abbandonate dagli investitori negli ultimi 15 mesi. L’eccesso di capacità produttiva e le scorte accumulate in alcuni segmenti (EV, batterie, pannelli solari, turbine eoliche) hanno pesato sulla redditività, mentre i tassi di interesse persistentemente elevati hanno aumentato i costi di finanziamento per molti nuovi operatori ancora finanziariamente fragili. Inoltre, sembra ovvio che la possibilità di una rielezione di Trump, con un’agenda chiaramente ostile alla lotta al cambiamento climatico e alle energie rinnovabili viste come concorrenti della produzione e delle capacità di esportazione di petrolio degli Stati Uniti, abbia influenzato l’atteggiamento degli investitori. Ora che questo rischio si è concretizzato, potrebbero esserci ulteriori conseguenze (negative) per questo segmento del mercato azionario?

“Anche in questo caso, sembra importante fare una chiara distinzione tra fatti e retorica”, avverte Nakamura: “La straordinaria crescita attuale e prevista della domanda di energia elettrica è già indirizzata oggi, per la maggior parte, verso tecnologie energetiche non fossili ed è altamente probabile che questa penetrazione del mercato continui ad aumentare nei prossimi trimestri e anni, indipendentemente dalla posizione ufficiale della Casa Bianca. Le infrastrutture energetiche stanno diventando un’arena altamente competitiva per gli operatori dei data center. Le principali aziende tecnologiche competono per assicurarsi fonti di energia di nuova generazione, dai piccoli reattori modulari alla fusione e alla geotermia, per soddisfare quello che si prevede sarà un raddoppio della domanda di elettricità derivante dai carichi di lavoro dell’intelligenza artificiale entro il 2026. Saremmo (molto) sorpresi se il ritmo di crescita della capacità di energia pulita degli Stati Uniti in megawatt (MW) registrato durante il primo mandato di Trump (+50% in 4 anni) non subisse un’ulteriore (significativa) accelerazione durante il suo secondo mandato. Anche il taglio dei sussidi, non ancora implementato, difficilmente rallenterebbe un segmento di mercato in cui molti operatori hanno raggiunto dimensioni critiche e costi di produzione competitivi, se non inferiori, a quelli dei produttori di energia fossile. Della stessa tendenza dovrebbero beneficiare anche altri segmenti industriali, nonché materiali e risorse naturali, comprese le materie prime industriali, che sono fondamentali per una transizione energetica che rimane una necessità”.