Se mangi pesce, mangi anche plastica: trovate microplastiche nel 99% dei campioni analizzati
Un recente studio ha rivelato un dato preoccupante: il 99% dei campioni di pesce analizzati conteneva microplastiche, evidenziando l’ampia diffusione di questi inquinanti nei mari e nei prodotti alimentari. La ricerca, condotta in Oregon, ha coinvolto diverse specie di pesci e crostacei, tra cui salmone Chinook, gambero rosa e merluzzo, mostrando che praticamente ogni esemplare...
![Se mangi pesce, mangi anche plastica: trovate microplastiche nel 99% dei campioni analizzati](https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2025/02/Microplastiche-pesce-1-1024x683.jpg?#)
Un recente studio ha rivelato un dato preoccupante: il 99% dei campioni di pesce analizzati conteneva microplastiche, evidenziando l’ampia diffusione di questi inquinanti nei mari e nei prodotti alimentari. La ricerca, condotta in Oregon, ha coinvolto diverse specie di pesci e crostacei, tra cui salmone Chinook, gambero rosa e merluzzo, mostrando che praticamente ogni esemplare esaminato aveva ingerito particelle di plastica.
Le microplastiche, frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, derivano dalla degradazione di materiali plastici più grandi e possono provenire da molte fonti, tra cui il lavaggio dei tessuti sintetici, i cosmetici e persino il deterioramento degli pneumatici.
Lo studio ha rivelato che oltre l’80% delle microplastiche trovate nei pesci erano fibre tessili, provenienti principalmente dall’industria dell’abbigliamento e dal lavaggio dei vestiti sintetici. Questo dimostra come la plastica entri nell’ecosistema marino attraverso diversi canali, con effetti potenzialmente gravi sulla fauna acquatica e sulla catena alimentare umana.
Le microplastiche possono contenere sostanze tossiche come PFAS, ftalati e bisfenolo
Gli animali marini ingeriscono microplastiche direttamente dall’acqua o attraverso il cibo. I pesci più piccoli e i crostacei, che si nutrono di plancton nelle aree costiere e nei fiumi, risultano essere le specie più contaminate. Questo perché il plancton, fondamentale per l’alimentazione marina, tende a raccogliere le particelle di plastica sospese nell’acqua, trasferendole agli organismi che se ne nutrono.
Al contrario, specie più grandi come il salmone Chinook presentano livelli inferiori di microplastiche, probabilmente perché le analisi sono state condotte solo sui filetti, escludendo le interiora, dove si accumulano maggiormente i contaminanti.
Oltre ai danni alla fauna marina, le microplastiche pongono un serio rischio per la salute umana. Studi scientifici hanno dimostrato che queste particelle possono contenere sostanze tossiche come PFAS, ftalati e bisfenolo, associate a interferenze endocrine, problemi di sviluppo e potenziali rischi oncologici. Inoltre le microplastiche possono attraversare le barriere del corpo umano, arrivando nel sangue, negli organi e persino nella placenta, con possibili conseguenze ancora non completamente comprese.
Per questo è fondamentale ridurre l’uso della plastica, migliorare i sistemi di filtraggio delle acque e promuovere politiche di riduzione delle emissioni di microplastiche. Senza interventi concreti, entro il 2050 la quasi totalità delle specie marine potrebbe essere contaminata da plastica, con effetti devastanti sugli ecosistemi e sulla salute globale.
![Microplastiche pesce](https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2025/02/Microplastiche-pesce.jpg)
@Frontiersin
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Fonte: Frontiers
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