Scan 7 e Carola Stoiber. Detroit/Berlin connection. Again

Parlare di Lou Robinson significa parlare di passione e techno. Non il termine abusato oggi, troppo spesso usato per indicare qualsiasi cosa con una cassa in quattro mediamente aggressiva, ma una mentalità e un modo di approcciarsi alla composizione che diventa stile di vita e che è la cifra umana e stilistica di chi produce techno a Detroit. Con i suoi progetti come Scan 7 o Trackmaster Lou (ma anche The Shadow, Xzile, Black Man e tanti altri) ha rappresentato e rappresenta l’anima di una città da sempre espressione di quel “soul in the machine” che l’ha contraddistinta rispetto ad altre capitali musicali come New York, Londra e Berlino. La connessione con la capitale tedesca è stata però forte perché agli inizi degli anni ’90 ha saputo accogliere questo soul robotico per assecondare le tensioni di una città che cambiava dopo la caduta del muro. Berlino, e soprattutto la Tresor, hanno incanalato quella ‘dark energy’ e l’hanno resa un linguaggio universale anche per noi europei dopo la prima invasione techno a Londra del 1987/1988. Non è un caso che per la ristampa del suo classico Dark Territory uscito nel 1996 su Tresor e ora di nuovo fuori, sempre su Tresor il 29 novembre 2024, abbiamo pensato di creare, più che un’intervista, un dialogo fra Lou e Carola Stoiber, che al tempo gestiva la parte operativa della label con Dimitri Hegemann. Ne è venuta fuori una meravigliosa chiacchierata in cui il ricordo non si ferma alla nostalgia, ma serve come mattone per definire il presente e costruire il futuro. Come sempre si è fatto e si farà a Detroit, nonostante la sempre maggiore diffusione di false imitazioni, squali, nani e ballerine. Raccontami qualcosa in più del tuo background musicale. Come sei cresciuto con la musica e cosa ti ha spinto a iniziare? Prima di tutto, vorrei solo dire che sono nato e cresciuto a Detroit, vicino alla 7th Mile. Tutti a Detroit sanno dov’è la 7th Mile. Ci sono un gruppo di artisti traditi che rimasero fuori dalla 7th Mile. Quindi questa strada è stata il perno della nostra carriera musicale. Ho iniziato negli anni ’80 ed ero in un gruppo chiamato Separate Minds con Marc Kinchen e Terrence Parker (TP) su Express Records da BUY-RITE di Detroit sulla 7th Mile. Abbiamo fatto un EP ed è andato abbastanza bene. Dopo che i Separate Minds si sono sciolti, ho iniziato a fare delle tracce e ho incontrato Blake Baxter, che mi ha effettivamente messo in contatto con la Tresor. Devo dire che prima della Tresor, Scan 7 era sotto l’ala protettrice di Underground Resistance con Mike Banks. Molte persone non lo sanno, ma è stato il signor Banks che mi ha dato il titolo Trackmaster Lou. Una volta mi ha detto: “Amico, le tue tracce stanno andando forte, Lou. Ti dovresti chiamare Trackmaster Lou!”. Questa è la prima volta che parlo pubblicamente di chi mi ha dato il nome Trackmaster Lou. Ho realizzato alcuni EP come Scan 7 su UR e uno su SID, ovvero Somewhere In Detroit. Tutto quello che ho fatto finora era a Detroit. Ma poi sono entrato in contatto con la Tresor e con Dimitri. E con te che gestivi la label che, in un certo senso, hai tirato fuori il meglio da me perché ero ancora giovane. Mi hai insegnato un sacco di cose che nessun altro avrebbe condiviso con me. Beh ora sono qui: una donna che gestiva una label e la tua compagna di viaggio in questa chiacchierata. Cosa ricordi di speciale di quei giorni? Ricordo che ho interagito molto con te che con Dimitri perché tu gestivi l’etichetta. Ma Dimitri credeva molto in ciò che gli altri non credevano. Aveva visioni. Quindi faccio i complimenti all’uomo per questo, allo stesso modo per cui li faccio a Mike Banks. Ciò che gli altri non hanno visto, loro l’hanno visto. Ricordo che tu mi dicevi: “Ho visto quello che hai fatto, ma so che puoi farlo meglio”. Mi dava molto fastidio al tempo, ma oggi lo apprezzo perché era una passione sincera per farmi migliorare. E se tu non fossi stata così, probabilmente non ti parlerei oggi perché probabilmente avrei smesso di pensare che eri matta! Ma ancora una volta, apprezzo che tu mi abbia rafforzato per permettermi di continuare ad andare avanti. Ti ricordi la prima volta che ti sei esibito al Tresor? Wow, sì! Quello era il Tresor originale, il primo. Non ho mai visto qualcosa del genere essendo un “brother from the hood”. Quello è stato il mio momento di svolta. Ho pensato “Oh mio Dio. Sono in uno dei club più grandi e conosciuti in tutto il mondo” e mi sono lasciato travolgere. Ricordo anche che sono andato in bagno dopo il mio set – storia vera – e un paio di ragazzi tedeschi mi hanno detto: ‘avresti dovuto suonare più forte!’ E io gli ho detto: ‘beh, sai, sono di Detroit e questo è il modo in cui lo facciamo!’. Ma ho ricevuto questo messaggio. Quindi sono tornato con cose che erano più difficili rispetto al mio tradizionale stile soul, funky di Detroit. Il mio background era, ovviamente, l’ascolto di motown, gospel, hip hop e un po’ di rock. Sai, prima facevo anche break dance. Ho iniziato ballando e poi son

Jan 14, 2025 - 18:28
Scan 7 e Carola Stoiber. Detroit/Berlin connection. Again

Parlare di Lou Robinson significa parlare di passione e techno. Non il termine abusato oggi, troppo spesso usato per indicare qualsiasi cosa con una cassa in quattro mediamente aggressiva, ma una mentalità e un modo di approcciarsi alla composizione che diventa stile di vita e che è la cifra umana e stilistica di chi produce techno a Detroit.

Con i suoi progetti come Scan 7 o Trackmaster Lou (ma anche The Shadow, Xzile, Black Man e tanti altri) ha rappresentato e rappresenta l’anima di una città da sempre espressione di quel “soul in the machine” che l’ha contraddistinta rispetto ad altre capitali musicali come New York, Londra e Berlino. La connessione con la capitale tedesca è stata però forte perché agli inizi degli anni ’90 ha saputo accogliere questo soul robotico per assecondare le tensioni di una città che cambiava dopo la caduta del muro. Berlino, e soprattutto la Tresor, hanno incanalato quella ‘dark energy’ e l’hanno resa un linguaggio universale anche per noi europei dopo la prima invasione techno a Londra del 1987/1988. Non è un caso che per la ristampa del suo classico Dark Territory uscito nel 1996 su Tresor e ora di nuovo fuori, sempre su Tresor il 29 novembre 2024, abbiamo pensato di creare, più che un’intervista, un dialogo fra Lou e Carola Stoiber, che al tempo gestiva la parte operativa della label con Dimitri Hegemann. Ne è venuta fuori una meravigliosa chiacchierata in cui il ricordo non si ferma alla nostalgia, ma serve come mattone per definire il presente e costruire il futuro. Come sempre si è fatto e si farà a Detroit, nonostante la sempre maggiore diffusione di false imitazioni, squali, nani e ballerine.

Raccontami qualcosa in più del tuo background musicale. Come sei cresciuto con la musica e cosa ti ha spinto a iniziare?

Prima di tutto, vorrei solo dire che sono nato e cresciuto a Detroit, vicino alla 7th Mile. Tutti a Detroit sanno dov’è la 7th Mile. Ci sono un gruppo di artisti traditi che rimasero fuori dalla 7th Mile. Quindi questa strada è stata il perno della nostra carriera musicale. Ho iniziato negli anni ’80 ed ero in un gruppo chiamato Separate Minds con Marc Kinchen e Terrence Parker (TP) su Express Records da BUY-RITE di Detroit sulla 7th Mile. Abbiamo fatto un EP ed è andato abbastanza bene. Dopo che i Separate Minds si sono sciolti, ho iniziato a fare delle tracce e ho incontrato Blake Baxter, che mi ha effettivamente messo in contatto con la Tresor. Devo dire che prima della Tresor, Scan 7 era sotto l’ala protettrice di Underground Resistance con Mike Banks.

Molte persone non lo sanno, ma è stato il signor Banks che mi ha dato il titolo Trackmaster Lou. Una volta mi ha detto: “Amico, le tue tracce stanno andando forte, Lou. Ti dovresti chiamare Trackmaster Lou!”. Questa è la prima volta che parlo pubblicamente di chi mi ha dato il nome Trackmaster Lou. Ho realizzato alcuni EP come Scan 7 su UR e uno su SID, ovvero Somewhere In Detroit. Tutto quello che ho fatto finora era a Detroit. Ma poi sono entrato in contatto con la Tresor e con Dimitri. E con te che gestivi la label che, in un certo senso, hai tirato fuori il meglio da me perché ero ancora giovane. Mi hai insegnato un sacco di cose che nessun altro avrebbe condiviso con me.

Beh ora sono qui: una donna che gestiva una label e la tua compagna di viaggio in questa chiacchierata. Cosa ricordi di speciale di quei giorni?

Ricordo che ho interagito molto con te che con Dimitri perché tu gestivi l’etichetta. Ma Dimitri credeva molto in ciò che gli altri non credevano. Aveva visioni. Quindi faccio i complimenti all’uomo per questo, allo stesso modo per cui li faccio a Mike Banks. Ciò che gli altri non hanno visto, loro l’hanno visto.

Ricordo che tu mi dicevi: “Ho visto quello che hai fatto, ma so che puoi farlo meglio”. Mi dava molto fastidio al tempo, ma oggi lo apprezzo perché era una passione sincera per farmi migliorare. E se tu non fossi stata così, probabilmente non ti parlerei oggi perché probabilmente avrei smesso di pensare che eri matta! Ma ancora una volta, apprezzo che tu mi abbia rafforzato per permettermi di continuare ad andare avanti.

Ti ricordi la prima volta che ti sei esibito al Tresor?

Wow, sì! Quello era il Tresor originale, il primo. Non ho mai visto qualcosa del genere essendo un “brother from the hood”. Quello è stato il mio momento di svolta. Ho pensato “Oh mio Dio. Sono in uno dei club più grandi e conosciuti in tutto il mondo” e mi sono lasciato travolgere. Ricordo anche che sono andato in bagno dopo il mio set – storia vera – e un paio di ragazzi tedeschi mi hanno detto: ‘avresti dovuto suonare più forte!’ E io gli ho detto: ‘beh, sai, sono di Detroit e questo è il modo in cui lo facciamo!’. Ma ho ricevuto questo messaggio. Quindi sono tornato con cose che erano più difficili rispetto al mio tradizionale stile soul, funky di Detroit. Il mio background era, ovviamente, l’ascolto di motown, gospel, hip hop e un po’ di rock. Sai, prima facevo anche break dance. Ho iniziato ballando e poi sono passato alla musica.

Berlino ha chiesto di suonare più forte, perché immagino che allora fosse un periodo molto difficile. A volta su usavano due K per indicare la Tekkno di Berlino, proprio per mettere l’accento su questa durezza di quel periodo. Ma tu hai sempre avuto anche un lato leggermente più morbido, melodico

Quello che non volevo accadesse era di essere paragonato o imitare qualcuno degli artisti venuti prima di me come Jeff, Mike e Rob. Mi sono detto che se tutti, soprattutto a Detroit, vanno a sinistra, io vado a destra, non voglio fare quello che fanno tutti. Ad esempio, ho deciso di andare metaforicamente verso l’hard rock, quando tutti andavano verso il funky Detroit electro e ho continuato così.

E tu come artista sei sempre rimasto da qualche parte a Detroit “nel territorio nascosto”. Non ti sei messo mai davanti

Perché non si è mai trattato di Lou, della persona. Riguardava Lou, Scan 7, l’artista e il suono. Il nome del mio studio era ed è ancora “Hidden Territory Studio”. E quando la gente mi dice: “Ehi amico, fammi vedere lo studio!”, dico “è un territorio nascosto per un motivo”. Si chiama così per non essere visto!’ Ecco perché normalmente non condivido il mio studio o quello che utilizzo.

Ma oggi possiamo abbandonare un po’ il “territorio nascosto” e parlare dell’hardware e dell’attrezzatura che hai utilizzato per registrare l’album “Dark Territory”? È stato tutto sincronizzato usando il MIDI o è stato come sovraincidere uno strumento alla volta e poi mettere sopra il successivo e così via?

Ho usato la Roland 909 e la 808 del mio storico arsenale più la drum machine Roland R8. E poi la mia macchina classica che utilizzo ancora oggi dagli anni ’80 e che funziona ancora bene: la drum machine RX5 Yamaha. Alcuni dei primi brani di UR e Tresor sono stati realizzati con l’RX5. Anche la maggior parte del suono che ho nei miei live set proviene da lì. Se vuoi portare un po’ della vecchia scuola nella nuova scuola, devo usarla. Quando lo faccio i più giovani si chiedono cosa sto facendo con questa reliquia che probabilmente è più vecchia di tutti noi qui, ma funziona alla grande.

Con il campionatore Ensoniq ASR 10 facevo tutte le mie cose in tempo reale. Questo era prima dei computer e dei laptop. Usavo e uso ancora il mixer Mackie 16. Una volta impostata tutta la mia attrezzatura sincronizzata in MIDI, ho semplicemente premuto Start e mixato tutte le mie tracce in tempo reale. Non c’era una pre scrittura o stesura preimpostata dei pezzi. Era tutto al volo dal vivo e lo faccio ancora oggi.

Dovevi essere molto consapevole di te stesso, per sapere che questa era la strada giusta. Quando avevi dei dubbi, vi aiutavate tutti a vicenda o facevate tutto da soli nel vostro “territorio nascosto”?

Questa domanda mi porta ad un’altra storia con Mike Banks e UR. Prima che Black Moon Rising e le altre tracce uscissero su UR, andavo da Banks dicendo “Yo, ho queste tracce. Bum, bum, bum”. Mike mi diceva: “No, non va bene. Torna in studio”. E ci sono tornato tante volte. Mi ha insegnato la disciplina, la pazienza e l’ascolto del punto di vista degli altri sulle cose. Dopo un po’ mi disse: “Ecco cosa mi piace di te. Non ti sei arreso e ora fai parte di UR”.

Come è stato coinvolto Blake Baxter in Dark Territory?

È stato determinante in quel progetto. La mia prima volta che sono stato fuori Detroit è stato con lui prima di andare al Tresor. Abbiamo suonato a Monaco all’Ultraschall, il club di Upstart della Disko B. Inoltre mi ha messo in connessione con Tresor. Ho mixato l’album nel suo studio nel centro di Detroit, a Grand River (Ave) e Griswold. E ha fatto i remix per un paio di brani. Il suo studio era proprio di fronte al suo negozio di dischi “Save the Vinyl”.

Ricordi qualche influenza specifica che avevi in mente quando hai prodotto l’album o è arrivata dalla sperimentazione in studio, perché come hai detto prima non avevi molti riferimenti?

Le mie influenze provenivano da una varietà di cose: da casa, dall’Europa, da un posto immaginario in cui avrei vissuto e dove potevo andare senza interruzioni o nessuno mi avrebbe disturbato. Mi sono chiuso nel mio laboratorio e ho iniziato a creare suoni.

Ho avuto molte influenze dagli artisti di Chicago: Lil Louis, Phuture e altri artisti di quella scena. E ovviamente non posso dimenticare Electrifying Mojo. Se non fosse stato per Mojo non avrei saputo né sentito nulla dei Kraftwerk al di fuori di un film intitolato Breakin negli anni 80, il brano era Tour de France.

Hai già detto che il tuo processo è rimasto sostanzialmente lo stesso. Ma c’è qualcosa che puoi dire che è cambiato in modo significativo da Dark Territory ad oggi? È passato molto tempo e la tecnologia ha fatto passi da gigante

Sì, e dovevo assolutamente entrare nel presente e superarlo. Non rimarrò indietro perché ho paura della tecnologia odierna. La abbraccio e la includo in ciò che è già stato creato o in ciò che è già stato depositato nel mio DNA. Cerco di mantenerlo al limite senza andare oltre il confine e facendo affidamento solo sulla tecnologia. Se non stai attento, finisci facilmente in una zona stilistica di clonazione robotica.

Al giorno d’oggi, se qualcuno inizia a produrre, c’è così tanto a disposizione che potrebbe indurre in errore a idee sbagliate come: “Ho bisogno di questo per avere successo”. Allora qual è il tuo consiglio per un giovane produttore, a parte forse il classico “prendi una cosa e conoscila a fondo”?

Il mio consiglio: non fare mai affidamento su una macchina perché devi essere tu la macchina. Penso che quando diventiamo così dipendenti dalla tecnologia, togliamo tutto l’elemento umano da ogni cosa. Ma dobbiamo continuare a inserire l’elemento umano e non fare affidamento solo sulla macchina stessa.

Ora abbiamo questa nuova generazione che ha tutte le opportunità portate dalle rivoluzioni tecniche. Non riesco a pensare che arrivi altro. Penso che sia tutto inventato. Come vedi il futuro?

Beh, penso che siamo oltre, siamo oltre il futuro. Come stavi dicendo, non possiamo più reinventare la ruota. L’unica cosa che possiamo fare è metterci l’olio. Il futuro è ora con la nuova generazione. Credo che sia in buone mani. Ma abbiamo questa discussione tra vecchi e giovani. La divisione è incredibile. Penso che ciò che è necessario più che mai in questo momento sia colmare il divario. Perché i giovani possono insegnare ai vecchi e i vecchi possono insegnare ai giovani.

Non puoi avere il presente senza il passato. Cerco di spiegare ai più giovani che devono capire che noi eravamo il passato, e tutti siamo il presente e possiamo essere anche il futuro. La nostra generazione ha superato tutto questo. Quando si trattava di cassette, 8 tracce, abbiamo sperimentato tutto questo fino ad ora. Stavo dicendo a questo fratello che gli ho messo davanti la drum machine Roland R8 e lui è andato fuori di testa. Come “Yo, dove sono le onde?” Ho detto: “tu sei l’onda”. Tu sei il compositore che dà l’input alla macchina.’ Non fraintendetelo. Molte persone pensano che siano le macchine a creare le persone, ma non è così.

Puoi avere tutte le cose nuove che vuoi, puoi avere tutte le cose migliori, ma se non inserisci i dati, lì c’è solo la macchina. Sono d’accordo con l’insegnamento e la collaborazione. Ma si sa, la generazione attuale a volte pensa che la vecchia non possa insegnare, e questo è falso. Tutti possiamo imparare gli uni dagli altri. Tutte le generazioni dovrebbero abbracciarsi se vogliamo che questo continui e vada oltre la nostra immaginazione in questo mondo.

Come sta andando a Detroit in questi giorni?

Facciamo ancora grandi feste. Abbiamo appena avuto Anthony Rother sabato. I ragazzi mantengono viva la scena, portando alcuni OG insieme alle novità e creando una miscela. Ora abbiamo la Underground Music Academy con Waajeed e Mike Banks. Sempre più bambini sono incuriositi e sempre più fratelli e sorelle iniziano a portare la loro visione, la loro arte e le loro emozioni al livello successivo. E lo fanno al di fuori dell’hip hop o del rap. Non c’è alcun discredito su quella scena o cultura, ma sai, vedono e fanno le cose in un altro modo. Quindi sì, la scena è migliorata.

Una cosa di cui sono felice è che quando abbiamo iniziato negli anni ’80, non avevamo riferimenti, non avevamo le mappe. Quindi, in pratica, abbiamo dovuto creare queste corsie e queste mappe per i tempi presenti e futuri.

Dark Territory by Scan 7