Le furbette manovrine democratiche di Dario Franceschini
Commenti e reazioni (non solo nel centrosinistra) all'intervista che Dario Franceschini ha rilasciato al quotidiano Repubblica. La nota di Sacchi
Commenti e reazioni (non solo nel centrosinistra) all’intervista che Dario Franceschini ha rilasciato al quotidiano Repubblica. La nota di Sacchi
Che la traversata del deserto non solo duri tutta la legislatura ma rischi di allungarsi anche alla prossima con una nuova vittoria del centrodestra o destracento è lo spettro che si aggira ormai a sinistra. E più cresce il timore di un governo Meloni2 (Il premier alla conferenza stampa di inizio d’anno non ha escluso di ripresentarsi candidata) più fioriscono i “centri” nel dibattito a sinistra.
Il tentativo è quello di correggere un Pd e una sinistra attestati su una linea massimalista e radicale per recuperare consensi finiti da tempo nella maggioranza di governo. Ma il risultato suona come un’astratta discussione di formule nel cosiddetto campo largo.
La stessa Elly Schlein, segretaria del Pd, sull’ultima formula illustrata da Dario Franceschini in una recente intervista a la Repubblica, ovvero marciare divisi con un nuovo centro autonomo per poi colpire uniti, trovando l’accordo tra Pd e alleati dopo le elezioni, replica che preferisce parlare di temi concreti. E il costituzionalista Stefano Ceccanti, che con l’associazione “Libertà Eguale” ha organizzato una settimana fa un convegno a Orvieto – in cui Paolo Gentiloni ha invitato a una svolta riformista del Pd, ritenuto motore dell’ alternativa, più che alla creazione di nuovi centri – liquida secco la proposta di Franceschini. Ceccanti viene al punto: “Il Pd non è ancora una credibile alternativa e questo problema non lo possono risolvere gli alleati”. Per Ceccanti ulteriore conferma ne è il fatto che il Pd “appoggia referendum sbagliati come quello contro il jobs act”.
l punto è insomma quello di un cambio di linea con un approccio riformista come su temi come quelli della sicurezza, lasciati di fatto tutti al centrodestra, che Gentiloni ha invitato ad affrontare. Insomma, se non si è “una credibile alternativa”, non basta un centro nuovo da affiancare al Pd come ha proposto Franceschini. Che riproponendo il ritorno al proporzionale ha fatto una serie di avance a Forza Italia, che avrebbe, a suo dire, vinto un biglietto della lotteria senza saperlo e che potrebbe sempre essere quella che dà le carte.
Avance respinte subito, come era facilmente prevedibile, da FI. “Una polpetta avvelenata”, liquida la faccenda drasticamente Maurizio Gasparri, capogruppo azzurro al Senato. E del resto è ovvio che FI non si giocherebbe la sua solida alleanza di governo nel centrodestra per andare a togliere le castagne dal fuoco a un campo largo sempre più stretto di strategia da fronte alternativo.
Ma poiché Franceschini questo lo dovrebbe sapere bene, essendo un abile giocatore di lunga esperienza, è chiaro che la partita è appena cominciata. A cominciare anche dai posizionamenti interni al Pd dove l’ex segretario in questo modo non si presenta in contrapposizione di Schein, che resta ferma sulle sue posizioni, ma sembra tendere piuttosto a coprire lui stesso uno spazio di centro nel partito, diventando sempre più riferimento anche dell’area cattolica in sofferenza.
Manovre, formule più che contenuti sui temi in agenda che non mettono in fuga quella paura di perdere anche nel 2027.