Insonnia: come il lavoro sedentario può disturbare il nostro sonno
> amava ripetere lo scrittore libanese Khalil Gibran. Ci deve essere qualcosa di magico nelle ore che seguono il tramonto, quando il sole lascia il passo alla luna e alle stelle. Non esiste letterato che non abbia dedicato versi alla notte; è il momento dei dubbi, delle riflessioni, dell’animo in subbuglio mentre intorno tutto tace. Non dormire stimola la fantasia, alimenta il furore poetico latente dentro ognuno di noi. A lungo andare, tuttavia, le problematiche legate al sonno potrebbero peggiorare la nostra salute. L’insonnia è uno spettro che aleggia nelle camere da letto di sempre più italiani. E l’inverno è uno dei momenti in cui il disturbo viene maggiormente allo scoperto. Ma quali sono le cause di questo fenomeno? Cosa continua a tenerci svegli? Una risposta interessante proviene dagli Stati Uniti ed è frutto di un recente studio portato avanti dall’ American Psychological Association (Apa), organismo che rappresenta gli psicologi oltreoceano. Secondo il team di professionisti, il responsabile delle nostre notti in bianco sarebbe il lavoro. Ma attenzione: sono le attività fortemente sedentarie a rappresentare il rischio principale. ma il modo in cui si è evoluta l’organizzazione del lavoro sta mettendo a repentaglio la salute del nostro sonno>>, ha affermato la dottoressa Claire Smith, autrice principale dello studio. La ricerca, infatti, è innovativa rispetto al passato perché raccoglie i dati di oltre mille persone per ben dieci anni, focalizzandosi sia sul tipo di professione svolta, sia sulla quantità e qualità di tecnologia utilizzata per adempiere al meglio i compiti assegnati. Ma non è tutto: per completare la loro indagine, gli psicologi americani si sono concentrati su quante ore della giornata venissero ritagliate al lavoro per dedicarsi all’attività fisica. Una volta rese note le loro abitudini riguardanti il sonno, i partecipanti sono stati suddivisi in tre categorie: coloro che dormivano in modo regolare, quelli che soffrivano di insonnia e chi, pur avendo problematiche in tal senso, riusciva a recuperare ore di riposo attraverso dei “pisolini” extra. Il risultato sorprendente è stato notare come siano soprattutto i “colletti bianchi” a sviluppare disturbi del sonno; al contrario, chi si dedica ad attività prettamente fisiche, riesce a recuperare meglio. Inoltre, non ci sarebbe alcun tipo di correlazione con un utilizzo prolungato del computer durante l’orario lavorativo; un elemento che ha meravigliato gli stessi studiosi, dal momento che è noto come i dispositivi elettronici emettano una luce che potrebbe guastare il meritato riposo. Tuttavia, l’aspetto più preoccupante riguarda la cronicità di tali fenomeni: chi soffre di insonnia ha riscontrato sintomi continui fino a dieci anni dopo. Con il rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete, depressione e fragilità. Tutti elementi che ritornano anche in analisi del nostro Ministero della Salute: ad oggi il 30% della popolazione italiana ha sofferto almeno una volta di insonnia, mentre il 15% presenta una forma cronica. Davanti a tali dati, molti dei nostri esperti si chiedono perché ancora oggi questi disturbi non vengano fatti rientrare nel novero delle “malattie invalidanti”, a cui far corrispondere un adeguato percorso di cure. Per il momento, quindi, che fare? Purtroppo, ancora non esiste un elisir miracoloso capace di farci addormentare nel momento del bisogno. Tuttavia, è sempre partendo da piccoli cambiamenti nella routine quotidiana che si gettano le basi per migliorare il nostro benessere psico-fisico. Così, una camminata in ufficio, brevi sforzi fisici e un limitato utilizzo degli smartphone possono essere ottimi modi per non contare più le pecore durante la notte.
> amava ripetere lo scrittore libanese Khalil Gibran. Ci deve essere qualcosa di magico nelle ore che seguono il tramonto, quando il sole lascia il passo alla luna e alle stelle. Non esiste letterato che non abbia dedicato versi alla notte; è il momento dei dubbi, delle riflessioni, dell’animo in subbuglio mentre intorno tutto tace. Non dormire stimola la fantasia, alimenta il furore poetico latente dentro ognuno di noi. A lungo andare, tuttavia, le problematiche legate al sonno potrebbero peggiorare la nostra salute. L’insonnia è uno spettro che aleggia nelle camere da letto di sempre più italiani. E l’inverno è uno dei momenti in cui il disturbo viene maggiormente allo scoperto. Ma quali sono le cause di questo fenomeno? Cosa continua a tenerci svegli? Una risposta interessante proviene dagli Stati Uniti ed è frutto di un recente studio portato avanti dall’ American Psychological Association (Apa), organismo che rappresenta gli psicologi oltreoceano. Secondo il team di professionisti, il responsabile delle nostre notti in bianco sarebbe il lavoro. Ma attenzione: sono le attività fortemente sedentarie a rappresentare il rischio principale.
ma il modo in cui si è evoluta l’organizzazione del lavoro sta mettendo a repentaglio la salute del nostro sonno>>, ha affermato la dottoressa Claire Smith, autrice principale dello studio. La ricerca, infatti, è innovativa rispetto al passato perché raccoglie i dati di oltre mille persone per ben dieci anni, focalizzandosi sia sul tipo di professione svolta, sia sulla quantità e qualità di tecnologia utilizzata per adempiere al meglio i compiti assegnati. Ma non è tutto: per completare la loro indagine, gli psicologi americani si sono concentrati su quante ore della giornata venissero ritagliate al lavoro per dedicarsi all’attività fisica. Una volta rese note le loro abitudini riguardanti il sonno, i partecipanti sono stati suddivisi in tre categorie: coloro che dormivano in modo regolare, quelli che soffrivano di insonnia e chi, pur avendo problematiche in tal senso, riusciva a recuperare ore di riposo attraverso dei “pisolini” extra. Il risultato sorprendente è stato notare come siano soprattutto i “colletti bianchi” a sviluppare disturbi del sonno; al contrario, chi si dedica ad attività prettamente fisiche, riesce a recuperare meglio. Inoltre, non ci sarebbe alcun tipo di correlazione con un utilizzo prolungato del computer durante l’orario lavorativo; un elemento che ha meravigliato gli stessi studiosi, dal momento che è noto come i dispositivi elettronici emettano una luce che potrebbe guastare il meritato riposo.
Tuttavia, l’aspetto più preoccupante riguarda la cronicità di tali fenomeni: chi soffre di insonnia ha riscontrato sintomi continui fino a dieci anni dopo. Con il rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete, depressione e fragilità. Tutti elementi che ritornano anche in analisi del nostro Ministero della Salute: ad oggi il 30% della popolazione italiana ha sofferto almeno una volta di insonnia, mentre il 15% presenta una forma cronica. Davanti a tali dati, molti dei nostri esperti si chiedono perché ancora oggi questi disturbi non vengano fatti rientrare nel novero delle “malattie invalidanti”, a cui far corrispondere un adeguato percorso di cure. Per il momento, quindi, che fare? Purtroppo, ancora non esiste un elisir miracoloso capace di farci addormentare nel momento del bisogno. Tuttavia, è sempre partendo da piccoli cambiamenti nella routine quotidiana che si gettano le basi per migliorare il nostro benessere psico-fisico. Così, una camminata in ufficio, brevi sforzi fisici e un limitato utilizzo degli smartphone possono essere ottimi modi per non contare più le pecore durante la notte.