Autorizzazione a procedere, ancora tu? Non dovevamo vederci più
di Leonardo Botta Il giudice Davigo racconta spesso un illuminante aneddoto: quando Napoleone Bonaparte si candidò a Primo Console, il presidente dell’Assemblea Nazionale, suo fratello, dopo la prima votazione con esito negativo fece entrare i granatieri che portarono via alcuni parlamentari che avevano votato contro; e poi intimò: “Adesso rivotiamo”. Naturalmente Napoleone fu eletto con […] L'articolo Autorizzazione a procedere, ancora tu? Non dovevamo vederci più proviene da Il Fatto Quotidiano.
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di Leonardo Botta
Il giudice Davigo racconta spesso un illuminante aneddoto: quando Napoleone Bonaparte si candidò a Primo Console, il presidente dell’Assemblea Nazionale, suo fratello, dopo la prima votazione con esito negativo fece entrare i granatieri che portarono via alcuni parlamentari che avevano votato contro; e poi intimò: “Adesso rivotiamo”. Naturalmente Napoleone fu eletto con una “robusta” maggioranza dell’Assemblea.
Immagino che a episodi come questo, nonché alle persecuzioni degli oppositori politici perpetrate sistematicamente dal regime fascista fiancheggiato dalla magistratura dell’epoca, pensassero i padri costituenti quando introdussero nel nostro ordinamento (art. 68) l’istituto dell’autorizzazione a procedere nei confronti dei membri del Parlamento, fatti salvi “le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.
Invece tale istituto fu, nella prima Repubblica, utilizzato prevalentemente dal Parlamento per proteggere “a testuggine” i propri esponenti contro le indagini delle procure: leggo dalle statistiche che, fino alla sua abolizione con la riforma del ’93 invocata a furor di popolo in piena Tangentopoli, l’autorizzazione a procedere fu concessa solo in un quarto dei casi. Ciò vuol dire, banalmente, che l’ottanta percento delle richieste di autorizzazione furono negate perché gli onorevoli deputati e senatori della nostra Repubblica ritenevano che quelle indagini fossero viziate da “fumus persecutionis”.
Il culmine fu raggiunto, naturalmente, con il voto contro l’autorizzazione per Bettino Craxi, cui seguì immediatamente la reazione di cittadini inviperiti che, all’uscita del leader socialista dall’hotel Raphael, lo sommersero di lanci di monetine al grido: “Vuoi pure queste, Bettino vuoi pure queste…”. Ora capisco che qualcuno, a distanza di oltre trent’anni, parli legittimamente di quella reazione popolare come di “barbarie giustizialista”, ma forse dimentica lo sconcertante antefatto.
In ogni caso, al fianco dei manifestanti dell’hotel Raphael c’erano senz’altro politici di sinistra, ma anche di quella destra missina i cui eredi oggi al governo, insieme con forzisti e leghisti, invocano il ripristino dell’autorizzazione a procedere, sostenuti anche da esponenti di forze politiche e movimenti liberali. E immagino che presto o tardi daranno seguito a questo per ora solo paventato intento: ormai l’insofferenza della compagine di governo contro la magistratura è palese, i recenti attacchi contro il procuratore Lo Voi e la Corte Penale Internazionale sono solo gli ultimi casi in ordine temporale.
Insomma, che dire: se la politica e l’opinione pubblica ritengono oggi assolutamente opportuno, se non necessario, ritornare all’autorizzazione a procedere, si ripristini il vecchio art. 68 della Costituzione. Ci sia data poi la facoltà di esprimerci con il referendum confermativo: il popolo è pur sempre sovrano. E magari, già che ci siamo, modifichiamo anche l’art. 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità…”), aggiungendo un breve capoverso: “Fatta eccezione per loro (i parlamentari), che sono loro e voi nun siete un c…”.
Post scriptum. Il direttore Travaglio, nell’editoriale di venerdì sull’argomento, conclude: “… i ciucci non sanno che, anche tornando al vecchio art. 68, i politici sospettati di reati verrebbero indagati e le prove finirebbero in Parlamento e sui giornali. E i partiti, tentando di salvarli, finirebbero sputtanati…”. Su questo punto dissento da Travaglio: oggi la magistratura, anche per qualche sua oggettiva colpa (i noti problemi di correntismo, qualche eccesso di incontinenza verbale e protagonismo di alcuni suoi esponenti, per non parlare di fenomeni patologici come il caso Palamara) oggi è ai minimi storici per gradimento tra gli italiani. E quanto agli italiani e alla politica italiana, mi viene in mente il profetico quesito di Cochi e Renato: “E lo sputtanamento che cos’è?”.
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