Alla scoperta di Rassa, il paese dei “Tremendi”, angolo incantato della Valsesia

Il villaggio è appena entrato nel gruppo dei Borghi più belli d’Italia. Oggi sono appena una trentina i residenti fissi, ma case e vie raccontano di un passato importante. Che è bello scoprire, prima di incamminarsi lungo sentieri con vista sul Monte Rosa L'articolo Alla scoperta di Rassa, il paese dei “Tremendi”, angolo incantato della Valsesia proviene da Montagna.TV.

Jan 17, 2025 - 06:13
Alla scoperta di Rassa, il paese dei “Tremendi”, angolo incantato della Valsesia

La chiesa parrocchiale di Santa Croce, con i suoi affreschi settecenteschi dell’artista Antonio Orgiazzi, che ha lavorato anche al Sacro Monte di Varallo, sorge a quota 917 metri. Il paese è tutto in salita ed è diviso in cinque “cantoni”, ciascuno con il proprio nome. Case in pietrae legno dai tetti di beole, viuzze e testimonianze di antiche botteghe e stalle. Un ponte in pietra ad arco su unica campata, che è un gioiello.
Siamo a Rassa, un paesino situato alla confluenza dei torrenti Sorba e Gronda, in un’impervia valle laterale della Valsesia (VC). Il territorio attraversato da questi due torrenti è zona di protezione speciale. Da novembre scorso, il paese è entrato a far parte dei Borghi più Belli d’Italia: un riconoscimento meritato e uno stimolo importante, grazie ai benefici che il turismo può portare. Ovviamente l’approccio è rigorosamente slow, dedicato a chi cerca cultura, ma anche pace, silenzio e una natura autentica.

«Rassa è un borgo antico molto fedele a se stesso, grazie al fatto che è rimasto isolato», commenta Lorena Chiara, guida escursionistica e turistica originaria del paese. «La morfologia naturale, caratterizzata da uno spazio così stretto, non ha scatenato interessi di imprese del settore edilizio e turistico». Il rovescio della medaglia, però, è che Rassa – pur mantenendo lo status di Comune autonomo – ha visto nel tempo il numero dei suoi abitanti diminuire. «A fine Ottocento c’erano oltre 500 persone, oggi siamo una settantina di residenti ufficiali, ma gli abitanti fissi, me inclusa, scendono a 30», racconta Chiara. «Questi numeri spiegano perché Rassa abbia una chiesa parrocchiale così grande: una volta, tutte le frazioni avevano una loro chiesetta, usata per lo più come oratorio, ma gli abitanti venivano a messa qui e serviva una chiesa con uno spazio adeguato». Oggi il paesino, oltre a essere meta di vacanza, in prospettiva potrebbe ripopolarsi accogliendo qualche nuovo residente innamorato del paesaggio e che può praticare lo smart working: è infatti arrivata anche qui la fibra.

Ricostruire la storia di Rassa non è semplice. I vari incendi che hanno colpito la chiesa hanno bruciato anche parte degli archivi parrocchiali. «L’origine del paese è medievale. Ma in un documento del 1217in cui i capifamiglia dei borghi della Valsesia giurano fedeltà alla città di Vercelli, Rassa non compare». Certo è che l’eretico Fra Dolcino, la sua compagna Margherita e i loro seguaci giunsero in Valsesia intorno al 1304 e si rifugiarono dalle parti dell’attuale Rassa, dove forse già c’era qualche casa, ma non sono stati trovati documenti storici che possano offrire certezze. Il frate dalle idee socialiste ante litteram, fautore di una povertà rigorosa e contrario al celibato, è vittima di una crociata proclamata dal vescovo di Vercelli nel 1306, che porterà alla sua cattura e alla morte sul rogo nel 1307. Chissà, forse qualche paesano si era unito ai seguaci di Dolcino, che per due anni rimase dalle parti di Rassa. Forse l’oblio caduto sulla comunità del posto può essere stata una sorta di punizione per aver protetto l’eretico. «Rassa aveva scambi commerciali e contatti con la Valle del Lys e con la Valle Cervo», aggiunge Chiara. «Anche oggi c’è chi ha parenti in queste zone». Fino agli anni Novanta dell’Ottocento, quando è stata costruita la strada che da Quare in Valsesia porta a Rassa, arrivare in paese era un’impresa. Lo ha sperimentato sulla sua pelle il vescovo Bascapè nel 1596, quando venne a Rassa lungo il sentieroche partiva dalla Valsesia, irto di passaggi difficili, che misero il religioso a dura prova. Forse all’epoca da Rassa era più facile valicare le montagne per andare a Gressoney che scendere a Quare o a Campertogno.

Una frazione di Rassa, in provincia di Vercelli. Foto Comune di Rassa

“Tremendi”. Ma forse quel titolo era un complimento

Gli abitanti di Rassa da secoli sono noti con l’appellativo di “tremendi”.Le ragioni di tale appellativo non sono chiare. Fra le ipotesi, c’è chi dice perché offrirono accoglienza a frate Dolcino. Altri sostengono che dalla descrizione lasciata dal vescovo Carlo Bascapè, “tremendi” avesse un’accezione positiva di gente forte, resistente. E sicuramente lo era: la vita in montagna all’epoca non era facile. Una terza possibilità vede in “tremendi” il significato di duri e ingegnosi, diventati tali a causa dell’isolamento in cui vivevano.
Com’è sopravvissuta nei secoli la comunità di Rassa? Con un’agricoltura povera – poche erano le terre coltivabili -, con le cave di marmo e pietra calcarea, da cui si otteneva la calce, e con il legno. «Non mancavano i boschi. D’inverno, si costruiva un ponte sospeso in legno che serviva a portare con le slitte in autunno fino alla segheria in paese, che oggi è un museo. Il ponte veniva smantellato a primavera per timore delle alluvioni e rimesso d’inverno». Un’altra attività era quella di ciabattino, che veniva svolta anche da chi emigrava da Rassa per guadagnare qualche soldo in più. Erano soprattutto uomini che vendevano le loro competenze anche nella lavorazione della pietra e del legno. «Avevano creato un gergo, che serviva a riconoscersi fra compaesani quando si trovano lontano, all’estero o in città italiane come Milano», spiega Chiara.

Conoscere il passato è importante per il turista che desidera capire quanto può vedere oggi a Rassa. Il legno, insieme all’acqua e alla pietra per la calce, è stato un pilastro dell’economia del borgo. La segheria idraulica di Brasei, creata nel Seicento e risistemata nella forma attuale nell’Ottocento, è stata attiva fino agli anni Ottanta, l’unica sopravvissuta di una serie di segherie poi andate in disuso. Oggi è sede dell’Ecomuseo, un luogo di memoria e di testimonianza dell’ingegno della gente di Rassa. Si può visitare in paese anche la Bottega del Patel, un piccolo laboratorio di falegnameria con tutte le attrezzature originali.

Un paradiso escursionistico

Passeggiando in Val Sorba, poco oltre il rifugio Heidi Rassa, è possibile vedere un antico forno per ottenere la calce e una carbonera, che serviva a trasformare il legno di faggio, abete, frassino, castagno e larice in carbone vegetale.

Una passeggiata interessante è quella che segue le orme dei pastori che da Alpe del Prato (2218 m) andavano alla Bocchetta di Niel (2459 m) passando dagli incantevoli laghi dei Tre Vescovi. Per arrivare al punto di partenza bisogna percorrere l’itinerario 251 da Rassa lungo tutta la Val Sorba (dislivello circa 1300 m, quattro ore di cammino). Dall’Alpe del Prato il sentiero si inerpica fra detriti e rocce, in un’ora circa si raggiungono i tre laghetti e poi la Bocchetta di Niel, che metteva in comunicazione la Val Sorba con  il Vallone di Niel nella Valle del Lys, in Val d’Aosta.

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