Tre anni fa sul Cerro Torre la tragica fine di Corrado “Korra” Pesce

La frana di roccia e ghiaccio cade di notte, mentre la guida italiana e Tomás Aguiló bivaccano in discesa dopo aver aperto una via nuova. A recuperare l’argentino è Matteo Della Bordella, che era arrivato in vetta insieme ai due poche ore prima L'articolo Tre anni fa sul Cerro Torre la tragica fine di Corrado “Korra” Pesce proviene da Montagna.TV.

Gen 29, 2025 - 02:44
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Tre anni fa sul Cerro Torre la tragica fine di Corrado “Korra” Pesce

Anche le giornate perfette possono finire in tragedia. Il 27 gennaio del 2022, tre anni fa, sul Cerro Torre vengono aperte due magnifiche vie nuove. Matteo Della Bordella, David Bacci e Luca De Zaiacomo detto “Giga” completano Brothers in Armsn , 1200 metri di arrampicata con difficoltà su roccia fino al 7a e all’A2, e tratti fino a 90° su ghiaccio. Il nome, che è il titolo di una celebre canzone dei Dire Straits, ricorda Matteo Bernasconi e Matteo Pasquetto, due amici e compagni di cordata di Della Bordella, scomparsi in montagna da poco.

Nella parte alta, dove la via lascia la parete Est del Torre per traversare sulla Nord, i tre alpinisti lombardi incontrano e decidono di seguire Corrado “Korra” Pesce, piemontese e guida del Monte Bianco, e il suo compagno di cordata Tomás Aguiló, argentino, che stanno aprendo un’altra via nuova.

Sul loro itinerario Della Bordella, Bacci e Giga superano passaggi di altissima difficoltà. Fessure off-width che richiedono l’uso di friend “grossi come angurie”, poi “un gigantesco arco rovesciato” dove Giga sale da capocordata “una delle lunghezze più estetiche e impressionanti che io abbia mai visto”, come scriverà Matteo nel suo libro La vetta della vita.

Poco più in alto, i tre alpinisti lombardi incontrano Tomás Aguiló e Korra Pesce. Anche loro sono arrivati fin lì tracciando una via nuova, per una linea di fessure sulla sinistra della parete Nord del Torre. L’argentino e la guida italiana sono avanti, Korra propone agli altri di seguirlo, e dopo un momento di riflessione Matteo, David e Luca decidono di seguire l’invito.

Mentre sale seguendo l’altra cordata, Della Bordella si preoccupa perché dalle pareti del Torre iniziano a staccarsi alcuni pezzi di ghiaccio. “Incredibile, nel 2022 non è più il freddo lo spauracchio di noi alpinisti, ma il suo contrario, il caldo”. Sembra una constatazione, e invece è un presagio.

Per fare presto, dopo due tiri che Bacci sale da primo sulla via tracciata da Korra, i tre lombardi passano una corda a Tomás, e salgono con le jumar. “E’ doveroso precisare questi dettagli, nel rispetto di Korra Pesce che li ha aperti” preciserà ancora Matteo nel libro. Poi il tratto più esposto alle scariche finisce, e ai cinque alpinisti rimangono da superare i tiri di corda verticali del “Fungo”, la struttura di ghiaccio che corona il Cerro Torre.

Nel pomeriggio i quattro italiani e l’argentino si abbracciano sul vasto terrazzo di ghiaccio che si allarga sotto all’aerea cresta della vetta. Korra Pesce propone agli altri di scendere insieme lungo la via che ha appena percorso in salita, e dove ha lasciato le soste di calata attrezzate.

La tragedia in discesa, dopo la vittoria

Matteo, Giga e David, però, confermano il loro piano iniziale. Passeranno il pomeriggio a riposare e a fare delle riprese con il drone, bivaccheranno in vetta al Torre, scenderanno l’indomani lungo la Via del Compressore, trenta espostissime calate che Della Bordella ha già percorso sei anni prima.

Intorno a mezzanotte si alza il vento, all’alba il tempo è ancora discreto. La discesa è delicata e impegnativa, ma una doppia dopo l’altra prosegue. Quando i tre lombardi sono a quattro o cinque calate dalla base, però, scoprono una fila di alpinisti sul ghiacciaio, che salgono verso la base del Torre.

Il meteo sta per peggiorare, ed è evidente che è successo qualcosa. Poi Matteo, guardando verso il canalone che separa il Cerro Torre dalla Torre Egger, scopre un accumulo di neve che tre giorni prima non c’era. E’ il segno di una tragedia.

Corrado “Korra” Pesce e Tomás Aguiló, come previsto, sono scesi a corda doppia al buio, sfruttando gli ancoraggi preparati, poi si sono fermati a riposare per qualche ora su una cengia. Lì, nella notte, sono stati colpiti da una scarica di ghiaccio e sassi. L’argentino riesce a dare l’allarme attraverso il suo InReach, e con un SOS con la frontale che viene visto da altri alpinisti.

La scarica ferisce entrambi gli alpinisti, e porta via le piccozze, i sacchi a pelo e una corda. All’alba Korra non riesce a muoversi, e invece Tomás ce la fa. L’amico italiano lo incita a scendere, e l’alpinista argentino inizia a calarsi lentamente, nonostante le fratture e un pneumotorace. Spera di poter chiamare aiuto per l’amico, ma sa che è quasi certamente un addio.

Il soccorso condotto da alcuni dei più forti arrampicatori del mondo

Mentre Aguiló si cala un metro dopo l’altro, sul ghiacciaio arrivano alpinisti di tutto il mondo. A prendere il comando delle operazioni è il fortissimo bavarese Thomas Huber . Matteo Della Bordella, l’unico che ha già salito la parete, risale da capocordata nonostante abbia già trascorso tre giorni e tre notti sul Torre. Dietro di lui, oltre a Huber, salgono lo svizzero Roger Schaeli e la guida argentina Roberto “Indio” Treu.
Dopo tre ore, mentre è impegnato in un difficile traverso, Matteo vede sopra di sé Tomás Aguiló, seduto su un gradino roccioso al margine di un nevaio. Quando lo raggiunge lo abbraccia, strappandogli un grido di dolore. L’argentino racconta la tragedia, viene calato verso il basso, invita gli altri a proseguire verso Korra. Raggiunge il ghiacciaio al buio, la mattina successiva viene evacuato con un elicottero fino a El Calafate.

Nella notte sul Cerro Torre nevica, e il vento diventa sempre più forte, Della Bordella e Schaeli hanno solo una corda e non ce la fanno a proseguire. Scendono sapendo di aver dato tutto, ma con la morte nel cuore. L’indomani, 29 gennaio, un drone individua Corrado “Korra” Pesce. Secondo la Comisión de Auxilio, il soccorso alpino di El Chaltén, il corpo privo di vita dell’alpinista italiano si trova qualche decina di metri più in basso del punto dov’era stato colpito dalla scarica, e dov’era stato lasciato dal suo compagno di cordata Aguiló.

Per decisione della famiglia, e per evitare altri rischi ai soccorritori, il corpo di Corrado viene lasciato dov’è. I Ragni di Lecco, autori, nel 1974 della prima ascensione del Torre lanciano una sottoscrizione per aiutare la figlia tredicenne. Ricordano l’alpinista nato a Novara e trasferito ai piedi del Monte Bianco nuove ascensioni estive ed invernali sulle Alpi occidentali e sulle Dolomiti. In Patagonia, era diventato famoso con l’apertura di Psycho Vertical, una elegante via della Torre Egger.

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