Italia ed Europa tra incertezze politiche, sfide economiche e trasformazioni bancarie: l’analisi di S&P Global Ratings
Incertezza e sfiducia, non tanto per l’economia quanto per la politica, ritenuta dai più incapace di affrontare le sfide globali e quelle domestiche. Parola di Sylvain Broyer, capoeconomista di S&P Global Ratings per l’area Emea, incontrato a Milano in occasione della presentazione dell’outlook del 2025. Guardando all’Italia, lo scenario è di grande debolezza anche se... Leggi tutto
Incertezza e sfiducia, non tanto per l’economia quanto per la politica, ritenuta dai più incapace di affrontare le sfide globali e quelle domestiche. Parola di Sylvain Broyer, capoeconomista di S&P Global Ratings per l’area Emea, incontrato a Milano in occasione della presentazione dell’outlook del 2025.
Guardando all’Italia, lo scenario è di grande debolezza anche se leggermente migliorativo, nel senso che dallo 0,5% (dato finale atteso per il 2024), il PIL italiano dovrebbe arrivare allo 0,9% a fine 2025, per poi forse accelerare nei due anni successivi.
“In Europa ci sono molti elementi di incertezza all’orizzonte”, aggiunge Broyer. In primis si attendono le nuove misure che verranno messe in campo dall’amministrazione Trump (leggi dazi) ma poi c’è anche la crisi politica in Francia e Germania e una debolezza persistente della fiducia delle imprese che potrebbe avere conseguenze negative sul mercato del lavoro. Senza contare la frenata del settore manifatturiero e la crisi dei fattori produttivi, in Italia ancora più forte a causa dell’annosa questione del costo del gas in Italia, pari a due, 2,5 volte quello francese o spagnolo.
Ricordiamo a questo proposito che “tasse elevate sull’energia, forte dipendenza dai combustibili fossili e interconnessioni di rete limitate” sono tra le cause che portano l’Italia ad affrontare “prezzi elevati dell’energia”. Lo ha scritto due giorni fa la Commissione europea in una scheda dedicata al Paese allegata a uno studio sull’andamento dell’industria manifatturiera a zero emissioni nei Paesi membri appena pubblicato. Dove si legge ancora: “sebbene i prezzi dell’energia per l’uso commerciale siano inferiori a quelli per l’uso residenziale, sono comunque tra i più alti dell’Ue”.
PIL e PNRR in Italia
Il PIL italiano starebbe beneficiando degli investimenti del PNRR ma, secondo gli analisti, il grosso dei vantaggi per l’economia del Paese non ha ancora espresso il suo potenziale. Finora l’impatto positivo del programma è stato di circa il 2% (inferiore alle attese), anche perché molti degli investimenti sono stati destinati alle riforme che ci mettono più tempo per generare benefici.
Alla ripresa dell’economia europea, con una conseguenza positiva anche per quella italiana, dovrebbe contribuire anche l’ulteriore allentamento della politica monetaria da parte della Bce. “Riteniamo che la banca centrale europea non abbia più alcuna ragione per rimanere restrittiva”, aggiunge Broyer, “per questo ci aspettiamo almeno 50 punti base di tagli dei tassi entro marzo, cioè molto probabilmente due tagli di 25 punti base nelle riunioni di gennaio e marzo. Al 2,50% a marzo, il tasso sui depositi non sarà più a livello restrittivo ma in territorio neutrale. C’è molta incertezza ma è possibile che la Bce sia tentata di ridurre il costo del denaro meno di quanto prevedono i mercati, perché c’è ancora inflazione nel sistema”.
Banche italiane e consolidamento
“Le banche italiane entrano nella stagione della politica monetaria espansiva della Bce con il tentativo di trovare un modo per compensare il minore margine di interesse che, inevitabilmente, arriverà a causa del ribasso dei tassi. Senza dubbio aumentando le commissioni. Occorre poi trovare una collocazione nel grande scacchiere del risiko, che ha il suo epicentro nell’Ops lanciata da UniCredit su Banco Bpm”. Esordisce cosi Mirko Sanna, director financial institutions di S&P Global Ratings, spiegando che S&P vede per gli istituti italiani fondamentali solidi e bilanci puliti: fattori che si riflettono nei rating, tutti piuttosto elevati ma più bassi rispetto alla media europea.
“Il problema dell’Italia è il rating sovrano, che mette un forte limite oltre il quale quello delle banche non può andare”, precisa Sanna.
Quanto ai fondamentali, l’agenzia di rating si aspetta che “la profittabilità rimarrà elevata nel corso dell’anno, con un ROE (return on equity) che dovrebbe superare il 14% medio”.
Ma nello stesso tempo Sanna si aspetta un certo deterioramento della qualità del credito, soprattutto per quanto riguarda i prestiti a piccole e medie imprese.
Il risiko in corso ha messo in luce un tema che era presente da tempo ma non troppo manifesto: il mondo bancario italiano “si sta polarizzando in modo evidente tra le grandi banche ben strutturate che hanno una rete commerciale, una di risparmio gestito e una di bancassurance evolute e le nuove banche e le fintech ad alto contenuto digitale. “Se sei in mezzo, hai poco spazio per sopravvivere”.
Il secondo driver del 2025 delle banche sarà, secondo S&P, la caccia al risparmio degli italiani per convertirlo in investimenti. A livello di attivi Intesa Sanpaolo è leader indiscussa, con quasi 1.500 miliardi di euro tra asset gestiti, in custodia e depositi. Ma se dovesse concretizzarsi il deal UniCredit-Bpm-Anima, gli asset del colosso che nascerebbe supererebbero i 1.200 miliardi, andando a insidiare la leadership di Intesa.
Margine di interesse in flessione del 6-7%
S&P stima per quest’anno un margine di interesse delle banche italiane in flessione del 6-7%. “Un dato superiore rispetto a quello che le banche stanno comunicando”, aggiunge Sanna. L’agenzia di rating, in particolare, è più prudente sulla componente di costo del rischio. “Prevediamo che possa aumentare, mentre per le banche resterà stabile. In questo contesto, la diversificazione del margine di interesse diventa cruciale. Il contributo delle commissioni di gestione in Italia è maggiore rispetto al resto d’Europa. Questo fa sì che gli istituti con una componente più forte di gestito potranno resistere meglio di altri alla fisiologica flessione dei margini”, afferma l’esperto, che tiene poi a sottolineare: “Il settore alla fine si dividerà tra grandi operatori con capacità di fare utili e di finanziare l’innovazione necessaria per navigare nella trasformazione digitale e le banche più piccole e agili in grado di adattarsi rapidamente al comportamento mutevole dei clienti”.