Fringe benefit, sì carta di debito
Carta di debito per i benefit aziendali: l’Agenzia dice sì, niente ritenuta. Con la Risposta n. 5/2025, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che una carta di debito nominativa, utilizzabile esclusivamente per l’acquisto di beni e servizi previsti da un piano di welfare aziendale, può essere qualificata come “documento di legittimazione”, voucher cartacei o elettronici che […] L'articolo Fringe benefit, sì carta di debito proviene da Iusletter.
Carta di debito per i benefit aziendali: l’Agenzia dice sì, niente ritenuta.
Con la Risposta n. 5/2025, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che una carta di debito nominativa, utilizzabile esclusivamente per l’acquisto di beni e servizi previsti da un piano di welfare aziendale, può essere qualificata come “documento di legittimazione”, voucher cartacei o elettronici che non possono essere monetizzati, ai sensi dell’articolo 51, comma 3-bis, del TUIR. Ne consegue che il datore di lavoro, entro i limiti di valore fissati dalla legge, non è tenuto ad applicare la ritenuta sui fringe benefit erogati.
La società che ha avanzato l’istanza intende introdurre un piano di welfare che, in base all’articolo 51, comma 3, del TUIR, preveda l’assegnazione di beni e servizi (fringe benefit) a favore dei dipendenti. Per la gestione, l’Istante si è rivolto a un provider, il quale propone di erogare il valore dei fringe benefit attraverso una carta di debito nominativa utilizzabile soltanto presso alcuni fornitori predeterminati. Dalla documentazione emerge che la carta è vincolata al “budget figurativo” assegnato, non può essere monetizzata o ceduta a terzi, e non ammette l’integrazione con somme personali o modalità di pagamento ulteriori.
Nel testo della Risposta viene ricordato che, secondo l’articolo 6, comma 1, del decreto 25 marzo 2016, i documenti di legittimazione “non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare”. Lo stesso decreto, al comma 2 dello stesso articolo 6, introduce una deroga per i cosiddetti voucher cumulativi, purché il valore non superi i limiti di esenzione stabiliti dall’articolo 51, comma 3, del TUIR (attualmente innalzati dalla legge di Bilancio 2024 a 1.000 o 2.000 euro in determinate situazioni).
Nel caso esaminato, l’Agenzia ha ritenuto che la carta di debito risponda alle caratteristiche di un documento di legittimazione, in quanto non è convertibile in denaro, non è integrabile con importi personali e non consente operazioni differenti da quelle strettamente legate al welfare aziendale. La carta, inoltre, è intestata al singolo dipendente, che si limita a fruire dei servizi e dei beni indicati dall’Istante, senza intervenire nel rapporto economico con i fornitori in modo da trasformare il benefit in una corresponsione cash.
Nella risposta, l’Amministrazione finanziaria richiama anche i principi già espressi nella circolare n. 28/E del 2016 e nella risposta n. 273 del 2019, evidenziando che il ricorso a un budget figurativo evita qualsiasi utilizzo improprio e garantisce la tracciabilità della spesa. La conclusione è che l’Istante, in qualità di sostituto d’imposta, non è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo d’acconto di cui all’articolo 23 del DPR n. 600/1973, entro i limiti complessivi fissati per i fringe benefit. Resta tuttavia ferma la possibilità che eventuali controlli successivi possano verificare la corretta attuazione del piano di welfare e, se necessario, valutarne diversamente il profilo fiscale.
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