F1, Red Bull: la politica di cui il team austriaco non aveva bisogno
Red Bull ha sofferto parecchio nel mondiale 2024 di F1. Una discesa verso la “disperazione tecnica” inattesa, forse almeno per quanto concerne l’approccio. Abbiamo cercato di spiegare a più riprese cosa sia successo sulla vettura. Il maggiore imputato che ha prodotto una competitività non all’altezza era il front–end della RB20, fattore che lo stesso Adrian […]
Red Bull ha sofferto parecchio nel mondiale 2024 di F1. Una discesa verso la “disperazione tecnica” inattesa, forse almeno per quanto concerne l’approccio. Abbiamo cercato di spiegare a più riprese cosa sia successo sulla vettura. Il maggiore imputato che ha prodotto una competitività non all’altezza era il front–end della RB20, fattore che lo stesso Adrian Newey aveva anticipato in fase di presentazione, parlando di un aspetto dell’auto del quale, senza dubbio, non sarebbe andato fiero. E in effetti così è stato: il genio di Stratford-Upon-Avon aveva predetto i fatti che puntualmente si sono verificati.
Tuttavia, capire realmente da dove provenga il reale problema che successivamente ha dato il via a questa flessione non è semplice. Ci sono parecchie teorie, ma le parole dei diretti interessati, conti alla mano, spesso sono state contraddittorie. E continuano ad esserlo, a distanza di tempo, quando oramai manca poco più di un mese all’inizio dei test pre-stagionali. Prove su pista che si svolgeranno ancora una volta in Bahrein, per sfruttare una pista magari non eccezionale dal punto di vista del layout ma che, perlomeno, trova ubicazione in una zona dove le condizioni ambientali sono consone.
Red Bull si avvicina a questa data con una buona fiducia. Come abbiamo anticipato sulle nostre pagine, sono diversi i cambi sulla nuova vettura che nutrono un chiaro obiettivo: ridare competitività alla monoposto austriaca ed evitare una lotta impari. Questo il target stimato, considerando le diverse modifiche ai sistemi sospensivi. Tutto era nelle mani di Pierre Waché, l’individuo che doveva prendere il pesantissimo testimone di Newey. Farlo era davvero complicato, tenendo presente che il britannico ha guidato la scuderia per tante annate, con una super consulenza sempre fattuale a livello di risultati.
Mettere a confronto i due non ha poi molto senso, attualmente. Si può vincere pure senza Adrian, d’altronde McLaren lo ha confermato. Ciò non toglie che alcune perplessità emergono in merito all’atteggiamento della squadra di Milton Keynes. Perché capire i propri limiti e gli errori commessi, in F1 come nella vita, è il primo passo per tornare in alto. Ed è proprio su questo punto che si basa il nostro ragionamento, nato dall’incongruenza comunicativa di due figure importanti per Red Bull: da una parte Horner, CEO e team principal della scuderia, dall’altra Marko, super consulente del team.
F1, Red Bull: una strada comunicativa assai pericolosa
Horner ha subito un vero e proprio processo mediatico all’inizio della scorsa campagna agonistica. Una situazione moto complicata da gestire. Lo ha condizionato, tutto vero, ma sino a un certo punto. Christian ha dimostrato una forza enorme nell’amministrare tale contesto, e i risultati in pista, nei primi due mesi, gli avevano dato pure ragione. Pur soffrendo, l’inglese ha saputo mantenere la calma, anche quando il pupillo del suo progetto, un certo Adrian Newey, aveva deciso di passare la mano. A distanza di tempo, circa otto mesi, il boss della Red Bull torna sull’accaduto commentando il risultato di tale scelta.
Nel farlo sostiene che, in maniera assoluta, non è stato l’addio del progettista a inguaiare la squadra. A questo punto una domanda sorge spontanea: se Newey c’entra relativamente con la debacle tecnica sofferta, quale sarebbe il reale problema? Waché non è stato all’altezza delle sue aspettative? Oppure la vettura nata sotto i dettami di Adrian, a prescindere, era problematica? Una risposta a tale quesito non è mai arrivata. Per quanto ci riguarda, la verità sta un po’ nel mezzo. Per di più, si somma un fattore chiacchierato nei giorni scorsi e relativo agli strumenti obsoleti che Red Bull ora possiede.
In un certo modo ci pensa Marko a smentire Horner. Lo fa svelando le difficoltà patite dai tecnici, quando il prossimo collaboratore di Aston Martin se ne è andato. Il faro non c’era più, il resto della squadra ha perso motivazioni e non sapeva che direzione prendere. Un dato confermato dai fatti, in quanto la squadra ha impiegato circa cinque mesi per capire e correggere alla bene e meglio l’atteggiamento della RB20. Qualcosa di diverso non si può dire riavvolgendo il nastro del mondiale. L’ottuagenario di Graz conosce profondamente l’ambiente della F1 e fa centro con le sue parole.
Idem quando parla del futuro. Un domani ancora incerto che vuole nascere da basi differenti. Più solide. Sebbene i suoi ragionamenti siano condivisibili, specie quando si riferisce alla volontà di migliorare tutte quelle aree della monoposto che non erano all’altezza della situazione, Marko fa riferimento a un vantaggio che però, attenzione, racconta una dipendenza pericolosa. Parliamo di Verstappen e del fatto che all’olandese non serva la monoposto più competitiva per vincere. È sufficiente un mezzo sincero, prevedibile, competitivo ma non necessariamente il più veloce, perché tanto ci penserà il talento di Hasselt.
Ecco… sebbene in linea di massima il ragionamento possa in qualche modo essere corretto, creare questo tipo di precedente non è sano per una squadra. È un po’ come dire, ai propri tecnici: “Date il massimo ma tranquilli… se non saremo i migliori abbiamo sempre Max“. Un’argomentazione rischiosa e potenzialmente nociva, in quanto il valore dei tecnici resterebbe importante ma non più cruciale. Una congettura inaccettabile quella di Marko, poiché in F1, purtroppo, il mezzo meccanico è decisivo. E, in linea generale, anche se solo in parte, manlevare gli ingegneri dal peso del loro lavoro è controproducente.
In ultima analisi un commento su Verstappen. Senza dubbio il suo valore aggiunto ha fatto la differenza. Anche per questo la sua autostima sarà ancora più alta ai nastri di partenza del 2025. Tuttavia, il suo mondiale è stato parecchio complicato e lui stesso ha fatto sapere che non vorrebbe trovarsi nuovamente in una condizione del genere. Questo pensando che, sebbene abbia vinto il titolo piloti e con merito, pure McLaren e Ferrari hanno dato una grossa mano a Red Bull. La scuderia di Woking ha sperperato in lungo e in largo una super competitività, mentre Ferrari si è persa per almeno sei Gran Premi.
Anche grazie a questo Max è riuscito a vincere. Ma le cose non vanno sempre nello stesso modo. Il team di Maranello ha realizzato un ulteriore passo avanti, a livello tecnico, sulla nuova vettura. Inoltre potrà contare sull’esperienza di Hamilton. C’è poi McLaren, che ha lavorato parecchio su se stessa e punta al doppio trionfo nel prossimo campionato. Per questo il messaggio di Marko, quel “tranquilli, ci penserà lui“, a bocce ferme pare una cavolata della quale Red Bull non aveva affatto bisogno. Sarebbe stato più saggio un “Dobbiamo fare meglio, perché i competitor saranno ancora più agguerriti“.
Autore: Zander Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari – F1Tv