Doppia tassazione dividendi esteri
Chi investe in titoli azionari di società estere si trova spesso a fare i conti con la doppia tassazione dei dividendi. Ma è possibile evitare o ridurre questo doppio prelievo fiscale?
Investire in azioni fa gola a molti investitori, soprattutto per i dividendi, che rappresentano una parte degli utili distribuiti ai soci dell'azienda. Tuttavia, che si tratti di dividendi staccati da società residenti fiscalmente in Italia o di dividendi di fonte estera, il Fisco batterà cassa sui guadagni legati ai dividendi, anche se in maniera diversa.
In Italia, i redditi finanziari sono soggetti a un’imposta del 26% sui proventi (dividendi, plusvalenze e interessi) o del 12,5% per i titoli governativi. Questo significa che, ad esempio, se una società italiana distribuisce 0,1 euro per ogni azione e tu ne possiedi 1.000, avrai diritto a un totale di 100 euro di dividendi. A questo importo lordo lo Stato italiano trattiene 26 euro di tasse, lasciandoti con un netto di 74 euro. Ma cosa succede quando i dividendi provengono da società estere?
Quando investi in società con sede in uno stato estero, i dividendi subiscono una doppia tassazione:
- Tassazione alla fonte: il paese di residenza della società erogatrice applica una ritenuta sui dividendi distribuiti, con aliquote che possono arrivare fino al 35% in Svizzera, 30% in Usa e Belgio, 26,375% in Germania.
- Tassazione italiana: una volta ricevuti i dividendi, il Fisco italiano applica un’aliquota del 26% sul reddito residuo.
Specifichiamo che quello che conta per la doppia tassazione è il Paese in cui ha sede la società. Ad esempio, se compri azioni tedesche sulla Borsa di Milano, sarai comunque soggetto alla doppia tassazione.
La base imponibile per la tassazione italiana al 26% è calcolata sul “netto frontiera”, ovvero l’importo residuo dopo che il paese estero ha applicato la propria ritenuta alla fonte, se il flusso viene percepito attraverso una banca italiana.
“Invece se la persona fisica non canalizza il dividendo su un intermediario residente deve computare il dividendo al lordo, senza poter dedurre la ritenuta subita all’estero, nella propria dichiarazione dei redditi e versare l’imposta sostitutiva del 26% su tale importo lordo, subendo un’ulteriore penalizzazione”, ha spiegato a Il Sole 24 Ore Tomaso de Simone, partner di Kpmg Private Italia.
Cosa fare allora per evitare il doppio prelievo fiscale? Per mitigare l’impatto della doppia tassazione, l’Italia ha stipulato numerose convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni con altri stati esteri. Le Convenzioni stipulate tra l'Italia e alcuni Paesi esteri regolano il trattamento fiscale dei redditi transfrontalieri, come i dividendi derivanti da azioni estere possedute da un residente fiscale italiano.
L’investitore potrebbe quindi chiedere il rimborso di una parte delle tasse trattenute all’estero, in virtù di questi accordi, che definiscono un limite massimo all’aliquota di tassazione alla fonte pari al 15%.
I trattati prevedono in prima battuta che le autorità fiscali applichino le normali ritenute locali e che il contribuente italiano versi le imposte non tenendo conto dei limiti dei trattati. Solo in un secondo momento sarà possibile presentare un’istanza di rimborso all’amministrazione fiscale estera e richiedere un rimborso della parte di imposta versata in eccedenza, calcolata sul differenziale tra la ritenuta locale e la ritenuta convenzionale (15%). Per ottenere il rimborso della tassazione eccedente, è necessario seguire una procedura specifica, che potrebbe variare a seconda del paese estero.
Ad esempio, se un investitore residente in Italia detiene azioni di società americane e riceve dividendi, questi sono soggetti a doppia tassazione. Negli Stati Uniti viene applicata una ritenuta alla fonte ridotta al 15% sui dividendi pagati agli investitori italiani. Questa aliquota agevolata è il risultato di un accordo tra Italia e Stati Uniti, sancito nella Convenzione contro le doppie imposizioni, che riduce l’aliquota standard dal 30% al 15% per i residenti italiani.
Per beneficiare della riduzione fiscale prevista negli Stati Uniti, è necessario che l’intermediario presso cui sono state acquistate le azioni confermi la residenza fiscale italiana dell’investitore. Questo avviene tramite la compilazione del modulo W-8BEN (Certificate of Foreign Status of Beneficial Owner for United States Tax Withholding), un certificato richiesto dal fisco americano per identificare correttamente i beneficiari esteri dei dividendi.
Una volta tassati negli Stati Uniti, i dividendi subiscono un’ulteriore imposizione fiscale in Italia, con un’aliquota del 26% applicata sul reddito netto già tassato. La Convenzione bilaterale, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18/03/2009, serve ad evitare che lo stesso reddito venga tassato due volte. In particolare, stabilisce che:
- La tassazione alla fonte negli Stati Uniti è limitata al 15% per i dividendi erogati a residenti italiani.
- L’Italia mantiene il diritto di tassare tali dividendi con l’aliquota del 26% prevista per i redditi di capitale derivanti da dividendi di azioni estere.
Il processo per recuperare l’imposta pagata in eccesso è complesso e varia da paese a paese.
- Compilare i moduli predisposti dall’amministrazione finanziaria del paese estero.
- Allegare la contabile della propria banca che attesta la ritenuta alla fonte applicata all’estero.
- Fornire la certificazione di residenza fiscale rilasciata dall’Agenzia delle Entrate italiana.
- Dimostrare che la tassazione applicata supera quanto previsto dalla convenzione internazionale.
Una procedura di certo non immediata, anzi, alquanto dispendiosa in termini di tempo e di risorse, considerando che va ripetuta potenzialmente per ogni dividendo. Nei fatti gli investitori, spesso non supportati da banche e consulenti finanziari, solo di rado la eseguono.
Le aliquote di tassazione alla fonte variano da Paese a Paese e con differenze anche notevoli, in base alle diverse normative fiscali. Come specificato, gli accordi bilaterali, quando presenti, permettono di seguire un iter per abbattere la tassazione alla fonte.
Nella seguente tabella abbiamo elencato le aliquote dei principali Paesi:
La tassazione delle plusvalenze (capital gain) non distingue tra azioni italiane e straniere: il guadagno derivante dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita è sempre soggetto a un’aliquota del 26%, applicata esclusivamente in Italia.