Pmi attrezzate per fare cassa
Il taglio dei tassi e una serie di innovazioni, normative e tecnologiche, hanno creato le premesse affinché vi siano maggiori opportunità per le Pmi che puntano a raccogliere capitale senza ricorrere al credito bancario L'articolo Pmi attrezzate per fare cassa proviene da Economy Magazine.
di Rosaria Barrile
La finanza alternativa rallenta il passo, ma non si ferma: il mercato continua a credere nel suo ruolo di “cassetta degli attrezzi” per le pmi e nel 2025 potrebbero aprirsi nuove opportunità di crescita. A rivelarlo è la settima edizione del Quaderno di ricerca “La finanza alternativa per le Pmi in Italia”, curata dal Politecnico di Milano, con il supporto di Unioncamere, Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi ed Innexta, aggiornata al 30 giugno 2024.
I dati raccolti hanno evidenziato un certo affanno per quasi tutti i principali strumenti. Il collocamento di minibond nel primo semestre del 2024 ha registrato un -33% (202 milioni di euro, 609 milioni negli ultimi dodici mesi) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’equity e il lending crowdfunding – che contano in Italia (al 15 novembre 2024) una quarantina di piattaforme autorizzate a operare secondo il nuovo regolamento europeo Ecsp, European Crowdfunding Service Provider- hanno raccolto nel primo semestre 2024 rispettivamente 48 milioni di euro (-17%) e 88 milioni di euro (-3%).
Nonostante questo quadro, «ci sono tutti i presupposti per affermare che lo sviluppo della finanza alternativa (o complementare) al credito bancario in Italia stia continuando a generare vantaggi tangibili e che, grazie all’auspicata riduzione dei tassi di interesse,il 2025 potrebbe segnare un punto di svolta», sottolinea il professor Giancarlo Giudici del Politecnico di Milano, autore della ricerca. «Credo che si siano due elementi trasversali da sottolineare- prosegue Giudici- da un lato, sono arrivate una serie di innovazioni legislative e normative che hanno alzato l’asticella nei segmenti più esposti ai rischi di comportamenti opportunistici, come il crowdfunding e i crypto-asset, dall’altro, si va verso la semplificazione in quelli più tradizionali come la quotazione in Borsa. L’evoluzione tecnologica e il fintech stanno creando sempre più opportunità per le Pmi che vogliono raccogliere capitale».
Invoice trading
L’invoice trading, ovvero la cessione di una fattura commerciale in cambio di un anticipo in denaro attraverso una piattaforma online, non è propriamente un’operazione di raccolta di capitale, ma rappresentando lo smobilizzo di un’attività (appunto una fattura commerciale) è associata agli stessi effetti finanziari, traducendosi in un ingresso di cassa. Seguendo il trend internazionale, anche in Italia negli ultimi anni sono nati diversi portali, con l’effetto di confermare l’invoice trading quale uno dei comparti più importanti nella finanza alternativa per le Pmi.
Il profilo tipico delle imprese finanziate è quello di pmi che hanno difficoltà ad essere affidate da una banca per diversi motivi: può trattarsi di imprese che escono da procedure come concordati oppure che hanno ottenuto commesse di rilevante dimensione, difficilmente finanziabili attraverso i fidi esistenti. Il tasso di interesse non è quindi necessariamente competitivo rispetto a quello praticato dal circuito bancario. Il vantaggio non trascurabile risiede sia nella possibilità di accedere alla liquidità per finanziare il capitale circolante senza garanzie o collateral (preclusa attraverso altri canali), sia nella rapidità di risposta. Un altro vantaggio per le imprese è che la cessione non richiede segnalazione alla Centrale Rischi del circuito bancario.
La ricerca ha censito 12 operatori (3 in meno rispetto all’anno scorso). Nei prossimi mesi le prospettive, a detta degli operatori, sembrano essere ottimistiche. I volumi della domanda stanno tornando a crescere dopo che negli scorsi mesi, a causa dell’incremento dei tassi di interesse sul mercato, il costo delle operazioni di invoice trading era diventato elevato e giudicato eccessivo da molti imprenditori.
Minibond
L’industria dei minibond si è conquistata una crescente quota di mercato in Italia, sin dal 2013 quando le innovazioni normative avviate dal D.L. ‘Sviluppo’ e da decreti successivi hanno facilitato l’opportunità per le Pmi di collocare obbligazioni e cambiali finanziarie sul mercato, sottoscritte da investitori professionali (tipicamente banche, fondi di private debt e asset management companies) e recentemente anche collocate su portali di crowdfunding. Fra i vantaggi di questa forma di finanziamento, evidenziata dal report, vi è la possibilità di diversificare le fonti del capitale e l’opportunità di approcciarsi al mercato degli investitori professionali con uno strumento meno impegnativo rispetto al capitale di rischio.
Le Pmi non finanziarie italiane emittenti di minibond fino al 30 giugno 2024 sono state 812 e hanno collocato 1.167 titoli raccogliendo € 4,97 miliardi. Fra queste, però, solo 27 si sono affacciate sul mercato per la prima volta nel primo semestre 2024, confermando il momento difficile per il mercato.
Il controvalore collocato negli ultimi 12 mesi coperti dalla ricerca è stato di € 609 milioni, di cui € 407 milioni nel secondo semestre 2023 e ‘solo’ 202 milioni di euro nel primo semestre 2024 (-33% rispetto allo stesso periodo del 2023). Le prospettive nei prossimi mesi tuttavia potrebbero migliorare grazie alla prevista riduzione dei tassi e alle operazioni di sistema legate ai ‘basket bond’.
Una delle criticità legate ai minibond è la difficoltà nell’attrarre alcune tipologie di investitori professionali, in particolare stranieri, che tipicamente considerano ticket minimi di investimento sopra una certa soglia (mentre la taglia di emissione di un minibond può invece essere anche molto piccola). Attraverso i basket bond invece gli investitori finali possono acquistare titoli cartolarizzati da un ‘paniere’ diversificato, che riesce a raggiungere una massa critica consistente. I diversi programmi di basket bond lanciati in Italia hanno ormai superato la soglia di € 2 miliardi investiti.
Direct landing
Il direct lending può essere definito come l’attività di erogazione diretta di finanziamenti da parte di soggetti non bancari, tipicamente fondi di investimento alternativi specializzati che forniscono prestiti a medio-lungo termine a pmi e grandi imprese finalizzati a progetti di crescita, ad acquisizioni o al rifinanziamento del credito. A livello mondiale si tratta di un comparto in continua crescita. Secondo le stime di Preqin, uno dei più autorevoli provider di informazioni nel mondo del private capital, il valore globale degli investimenti in portafoglio per il direct lending arriverà nel 2029 a 1.330 miliardi di dollari con un tasso annuale di crescita del 10,18%. Il mercato più sviluppato è infatti quello statunitense, dove il processo di disintermediazione bancaria è iniziato già negli anni Ottanta, a seguito di cambiamenti normativi che hanno promosso un modello di finanziamento per le imprese che assegna un ruolo importante al mercato mobiliare.
Difficilmente il direct lending può risultare competitivo rispetto al credito bancario (dato che il costo del funding per un fondo di credito è ben diverso rispetto a quello di una banca commerciale) ma può competere su altri aspetti, come la velocità di erogazione, la flessibilità, i meccanismi di valutazione.
Crowdfunding
Nel crowdfunding la ricerca di finanziatori viene condotta sfruttando la rete Internet e rivolgendo un appello diretto alla ‘folla’ dei web surfer. Questo canale può assumere diverse forme tecniche. Il reward-based crowdfunding riguarda campagne di piccolo importo che pmi italiane hanno lanciato per raccogliere denaro offrendo in cambio prodotti e ricompense non monetarie. Si tratta di un contributo quantificabile in pochi milioni di euro all’anno.
L’equity crowdfunding (ovvero il collocamento di quote del capitale di rischio) e il lending crowdfunding (ovvero l’offerta di prestiti alle imprese) sono oggi normati dal Regolamento Ecsp European Crowdfunding Service Providers. Alla data del 15/11/2024 le piattaforme autorizzate in Italia ad operare in quest’ambito erano 40.
Per quanto riguarda l’offerta, sono 1.241 le aziende italiane che hanno provato a raccogliere capitale di rischio sulle piattaforme autorizzate fino al 30 giugno 2024, portando a successo 1.134 campagne. Si tratta in gran parte di start up innovative. Negli ultimi 12 mesi osservati dall’indagine la raccolta è stata pari a € 106,53 milioni, di cui € 48 milioni nel primo semestre 2024, con un nuovo calo tendenziale legato alle incertezze congiunturali e all’incremento dei tassi di interesse che ha reso più competitive e attraenti le forme tradizionali di investimento come le obbligazioni e i titoli di Stato.
Le offerte di titoli di debito (minibond) sui portali di crowdfunding hanno interessato finora poche pmi per un totale di € 120 milioni (di cui € 28 milioni negli ultimi 12 mesi).
Le piattaforme di lending, che erogano prestiti alle imprese finanziati dai piccoli risparmiatori su Internet, hanno canalizzato denaro alle pmi italiane per € 168 milioni nell’ultimo periodo annuale (€ 80 milioni nel secondo semestre 2023 e € 88 milioni nel primo semestre 2024) attraverso 508 campagne chiuse con successo.
Negli ultimi anni ha contribuito particolarmente allo sviluppo del comparto del crowdfunding la parte immobiliare, attraverso il collocamento sia di equity sia di prestiti. Nonostante i numeri in calo, secondo gli autori della ricerca, il crowdfunding si conferma un’opzione interessante per le Pmi, «soprattutto per microimprese, che possono ottenere in tempi rapidi la liquidità necessaria per far partire un progetto, senza le garanzie e i vincoli che vengono richiesti dal canale bancario e da quello degli investitori professionali».
Private equity e venture capital
Per quanto riguarda le risorse destinate a interventi di venture capital, quindi tipicamente finalizzati al supporto di micro-imprese in fase di seed o startup, si conferma il record del 2022 e il calo registrato nel 2023, anno in cui si registrano € 762 milioni investiti in 458 progetti che hanno riguardato 271 imprese diverse. Il primo semestre del 2024 ha contribuito con 193 deal per € 494 milioni impiegati. Rispetto al primo semestre del 2023 si è riscontrato un incremento del taglio medio dal momento che nel corso dei 6 mesi si erano registrati 232 deal per € 410 milioni investiti.
Gli investimenti di expansion, invece, finalizzati alla crescita tipicamente di imprese già avviate (fra cui Pmi attive anche in settori tradizionali) rivelano dati che fanno ben sperare anche per il 2025.
Il 2023 si è rivelato un anno record: complessivamente sono stati investiti € 941 milioni in 68 deal che riguardavano 55 imprese diverse. Il primo semestre del 2024 è partito poi con ancora più slancio, con 370 milioni impegnati in 23 deal ( nel primo semestre del 2023 si erano registrate 18 operazioni per un flusso di € 210 milioni).
Il contributo che i business angel generano per il settore secondo i dati di Iban (Italian Business Angels Network) è invece in deciso calo nel 2023 con € 39 milioni di flusso in attivo, contro € 83 milioni del 2022.
Come precisa il report tuttavia,«private equity e venture capital hanno l’indubbio vantaggio di apportare non solo capitale alle Pmi ma anche competenze e relazioni preziose per la crescita futura. Dall’altra parte però richiedono agli imprenditori una serie di pattuizioni abbastanza impattanti sulla governance. Inoltre sono canali di finanziamento che riguardano una piccola minoranza di Pmi e start up che possono esibire elementi di eccellenza».
Crypto-asset e token digitali
Grazie alle innovazioni fintech e alla tecnologia blockchain, è oramai possibile generare token digitali utilizzabili non solo come criptovalute, ma anche come strumenti di accesso a servizi e a investimenti, nonché per ‘tokenizzare’ titoli e asset finanziari tradizionali. Alcuni anni fa si è registrato un vero e proprio boom su Internet di offerte di token digitali (Initial Coin Offerings, ICOs), scambiabili su piattaforme specializzate; più recentemente invece si è assistito al successo, altrettanto volatile, degli NFTs (Non-Fungible Tokens). Riconoscendo la validità delle tecnologie distribuite, l’Unione Europea ha quindi emanato due norme che puntano a disciplinare i crypto-asset in tutte le transazioni economiche: il Regolamento UE 2022/858 (che ha introdotto il Dlt Pilot Regime per la tokenizzazione dei titoli finanziari) e il Regolamento MiCar (Market in Crypto- Assets Regulation) che ha introdotto le definizioni di asset-referenced token (Art) e token di moneta elettronica (Emt) entrate in vigore da luglio 2024.
In Italia intanto è stato approvato il D.L. 25/2023 (Decreto ‘Fintech’) che ha istituito l’albo dei gestori di registri distribuiti. Il tema della ‘tokenizzazione’ degli asset finanziari è quindi di grande attualità e potrebbe rappresentare secondo la ricerca un’opportunità significativa per un più facile accesso al capitale e una ‘democratizzazione’ della finanza per le Pmi.
di Rosaria Barrile
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