Migliori film 2024. La classifica di SENTIREASCOLTARE

Il 2024 appena archiviato non verrà quasi sicuramente ricordato come uno di quelli imprescindibili e a questa triste constatazione hanno contribuito e non poco gli scioperi avvenuti a Hollywood nel corso dell’anno precedente, che hanno di fatto bloccato intere produzioni e fatto slittare progetti a data da destinarsi se non addirittura cancellati del tutto. Questo ha fatto anche sì, tuttavia, che parecchie produzioni “non occidentali” trovassero maggior risalto, soprattutto in termini di distribuzione. Non che prima non fossimo assolutamente convinti della superiorità dell’offerta e della ricerca cinematografica al di fuori di confini già noti, solo che negli ultimi mesi è stato sempre più evidente una sorta di scollatura netta tra il mercato tradizionale e “industriale”, ovvero i prodotti delle grandi studios, e quello indipendente, sia esso americano, europeo, asiatico. Se a Hollywood, infatti, il pubblico continua a riempire le sale per i soliti sequel, prequel, reboot o simili, il cosiddetto cinema d’autore non se la passa certo benissimo, anche se per fortuna esistono esempi limpidissimi che fanno sperare in una possibile inversione di tendenza. Se neanche questo, almeno persisterà la convinzione che il cinema ha ancora tante cose da dire e in questo 2024 non sono stati pochi quegli autori che hanno ribadito questo concetto. Ci sarà sempre bisogno di raccontare storie e mondi nuovi o reiterare narrazioni classiche attraverso un diverso punto di vista o stile. Di seguito, vi presentiamo una selezione di film – rigorosamente in ordine sparso perché crediamo ciecamente che l’arte non debba entrare in competizione con se stessa – che quest’anno hanno offerto o provato a offrire un punto vi vista unico, ispirato o suggestivo su diversi temi e riflessioni. Tutti i titoli sono usciti in Italia, in sala o in streaming, nel 2024. Blackbird Blackbird Blackberry – Elene Naveriani Il secondo film di Elene Naveriani è un canto libero, sofferto e poetico di una trasformazione, quella di una donna di mezza età che scopre per la prima volta il piacere sessuale dopo una vita remissiva non rinunciando nemmeno per un momento alla propria indipendenza e identità distintiva. Un film essenziale, tratto dal romanzo della scrittrice femminista Tamta Melashvili, che, nel tentativo di restituire il ritratto di una donna e di un’identità schiacciata dal peso di un’educazione maschilista repressiva, descrive un ambiente e un mondo allo stesso tempo lontanissimi dai nostri occhi ma estremamente vicini al nostro cuore (Davide Cantire). Estranei – Andrew Haigh Dopo aver stupito ed emozionato con Weekend, 45 anni e Charley Thompson (senza dimenticare la serie Looking), Andrew Haigh torna adattando l’omonimo romanzo di Taichi Yamada. In questa atipica ghost story, il regista britannico parla del rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato, di identità e di annullamento di sé. Nei teneri e mai banali dialoghi tra il protagonista e i genitori defunti c’è tutto quello che lo spettro delle emozioni umane è in grado di contenere, ma la zampata sta negli infiniti non detti, negli sguardi tra i personaggi, nel linguaggio dei corpi. Un film che verrà ricordato a lungo (Davide Cantire). L’innocenza – Hirokazu Kore’eda Dopo le parentesi estere con Le verità (2019) girato in Francia e Broker (2022) girato in Corea del Sud, con L’innocenza (怪物, Kaibutsu, cioè “mostro”) Hirokazu Kore’eda torna alla sua terra e alla sua lingua, quella giapponese. Da un lato, c’è il mondo convenzionale e rigido degli adulti, dall’altro c’è l’amicizia di due ragazzini stravaganti, Saori e il suo amico Yori, vessati dai loro compagni di classe. Tra maldicenze e bugie, tra voci di corridoio e pregiudizi, restano le riflessioni amare dei protagonisti e la purezza di due amici che si ritagliano uno spazio tutto loro, una fuga dalla realtà che li porta a trasformare un vagone deragliato in un’astronave e a far immaginare loro di essersi reincarnati (Carmen Palma). Ho visto la TV brillare – Jane Schoenbrun Quello di Jane Schoenbrun è un film inquietante e angosciante ma che sa essere incredibilmente ottimista, che esplora il tema dell’abbracciare il sé più autentico e nascosto. Ma soprattutto, è un’allegoria della transizione di genere. Non a caso, Schoenbrun, si identifica come non-binary e, durante un’intervista, ha raccontato di aver capito di essere transgender durante un trip allucinogeno. Il film, caratterizzato da un senso di spaesamento e pseudo-depressione, tocca chiunque si sia mai sentito fuori posto. È un viaggio di autoscoperta, con richiami a capolavori come Videodrome e Twin Peaks (Carmen Palma). The Holdovers – Lezioni di vita – Alexander Payne Tra le mani di Alexander Payne questo racconto di formazione vive di realismo, di eventi possibili ed esistenze probabili. È un corpo che respira, corre e si muove con l’agilità tipica di uno studente come Angus Tully, scrutando e osservando attraverso l’occhio guercio del severo professore Paul Hunham (Pa

Jan 19, 2025 - 17:43
Migliori film 2024. La classifica di SENTIREASCOLTARE

Il 2024 appena archiviato non verrà quasi sicuramente ricordato come uno di quelli imprescindibili e a questa triste constatazione hanno contribuito e non poco gli scioperi avvenuti a Hollywood nel corso dell’anno precedente, che hanno di fatto bloccato intere produzioni e fatto slittare progetti a data da destinarsi se non addirittura cancellati del tutto. Questo ha fatto anche sì, tuttavia, che parecchie produzioni “non occidentali” trovassero maggior risalto, soprattutto in termini di distribuzione. Non che prima non fossimo assolutamente convinti della superiorità dell’offerta e della ricerca cinematografica al di fuori di confini già noti, solo che negli ultimi mesi è stato sempre più evidente una sorta di scollatura netta tra il mercato tradizionale e “industriale”, ovvero i prodotti delle grandi studios, e quello indipendente, sia esso americano, europeo, asiatico.

Se a Hollywood, infatti, il pubblico continua a riempire le sale per i soliti sequel, prequel, reboot o simili, il cosiddetto cinema d’autore non se la passa certo benissimo, anche se per fortuna esistono esempi limpidissimi che fanno sperare in una possibile inversione di tendenza. Se neanche questo, almeno persisterà la convinzione che il cinema ha ancora tante cose da dire e in questo 2024 non sono stati pochi quegli autori che hanno ribadito questo concetto. Ci sarà sempre bisogno di raccontare storie e mondi nuovi o reiterare narrazioni classiche attraverso un diverso punto di vista o stile.

Di seguito, vi presentiamo una selezione di film – rigorosamente in ordine sparso perché crediamo ciecamente che l’arte non debba entrare in competizione con se stessa – che quest’anno hanno offerto o provato a offrire un punto vi vista unico, ispirato o suggestivo su diversi temi e riflessioni. Tutti i titoli sono usciti in Italia, in sala o in streaming, nel 2024.

Blackbird Blackbird Blackberry – Elene Naveriani

Il secondo film di Elene Naveriani è un canto libero, sofferto e poetico di una trasformazione, quella di una donna di mezza età che scopre per la prima volta il piacere sessuale dopo una vita remissiva non rinunciando nemmeno per un momento alla propria indipendenza e identità distintiva. Un film essenziale, tratto dal romanzo della scrittrice femminista Tamta Melashvili, che, nel tentativo di restituire il ritratto di una donna e di un’identità schiacciata dal peso di un’educazione maschilista repressiva, descrive un ambiente e un mondo allo stesso tempo lontanissimi dai nostri occhi ma estremamente vicini al nostro cuore (Davide Cantire).

Estranei – Andrew Haigh

Dopo aver stupito ed emozionato con Weekend, 45 anni e Charley Thompson (senza dimenticare la serie Looking), Andrew Haigh torna adattando l’omonimo romanzo di Taichi Yamada. In questa atipica ghost story, il regista britannico parla del rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato, di identità e di annullamento di sé. Nei teneri e mai banali dialoghi tra il protagonista e i genitori defunti c’è tutto quello che lo spettro delle emozioni umane è in grado di contenere, ma la zampata sta negli infiniti non detti, negli sguardi tra i personaggi, nel linguaggio dei corpi. Un film che verrà ricordato a lungo (Davide Cantire).

L’innocenza – Hirokazu Kore’eda

Dopo le parentesi estere con Le verità (2019) girato in Francia e Broker (2022) girato in Corea del Sud, con L’innocenza (怪物, Kaibutsu, cioè “mostro”) Hirokazu Kore’eda torna alla sua terra e alla sua lingua, quella giapponese. Da un lato, c’è il mondo convenzionale e rigido degli adulti, dall’altro c’è l’amicizia di due ragazzini stravaganti, Saori e il suo amico Yori, vessati dai loro compagni di classe. Tra maldicenze e bugie, tra voci di corridoio e pregiudizi, restano le riflessioni amare dei protagonisti e la purezza di due amici che si ritagliano uno spazio tutto loro, una fuga dalla realtà che li porta a trasformare un vagone deragliato in un’astronave e a far immaginare loro di essersi reincarnati (Carmen Palma).

Ho visto la TV brillare – Jane Schoenbrun

Quello di Jane Schoenbrun è un film inquietante e angosciante ma che sa essere incredibilmente ottimista, che esplora il tema dell’abbracciare il sé più autentico e nascosto. Ma soprattutto, è un’allegoria della transizione di genere. Non a caso, Schoenbrun, si identifica come non-binary e, durante un’intervista, ha raccontato di aver capito di essere transgender durante un trip allucinogeno. Il film, caratterizzato da un senso di spaesamento e pseudo-depressione, tocca chiunque si sia mai sentito fuori posto. È un viaggio di autoscoperta, con richiami a capolavori come Videodrome e Twin Peaks (Carmen Palma).

The Holdovers – Lezioni di vita – Alexander Payne

Tra le mani di Alexander Payne questo racconto di formazione vive di realismo, di eventi possibili ed esistenze probabili. È un corpo che respira, corre e si muove con l’agilità tipica di uno studente come Angus Tully, scrutando e osservando attraverso l’occhio guercio del severo professore Paul Hunham (Paul Giamatti). Non c’è niente di originale in The Holdovers, ma è proprio in questa mancanza di straordinarietà che si ritrova il punto di forza del film: tutto è ordinario, comune, e per questo estremamente umano (Elisa Torsiello).

Do Not Expect Too Much from the End of the World – Radu Jude

È un film lungo, complesso, Do Not Expect Too Much from the End of the World; eppure, quello diretto da Radu Jade è un film assolutamente irresistibile. Nel suo corpo filmico si condensano un’eterogeneità di generi e registri cinematografici mai in combutta, ma perfettamente in armonia. Nessun incantesimo, o magia, solo un dosaggio sapiente degli ingredienti a propria disposizione così da restituire – tra social network e inserti meta-cinematografici – tutta l’esasperazione di giovani costretti a ore interminabili di un lavoro sottopagato, che trovano un flebile ed effimero appagamento di evasione tra gli schermi di uno smartphone (Elisa Torsiello).

Flow – Un mondo da salvare – Gints Zilbalodis

È una poesia il film d’animazione diretto dal regista lèttone Gints Zilbalodis. Una tela dipinta che prende miracolosamente vita, ritraendo un pianeta Terra dove gli esseri umani sono scomparsi, l’acqua sale e tutto sommerge. A farsi portatori di speranza e istinto di sopravvivenza sono un gatto, un cane, un lemure e un uccello, raccoglitori di una sensibilità e un senso di comunità troppe volte perduto, soffocato, nella loro controparte umana. Bidimensionali, eppure così profondi, non parlano gli animali di Flow; non ne hanno bisogno per restituire un cuore che li rende molto più umani degli umani stessi (Elisa Torsiello).

Il ragazzo e l’airone – Hayao Miyazaki

Il ragazzo e l’airone, pur avendo le caratteristiche di un film della senilità, non è chiuso dentro le ossessioni del suo autore. Certo è pieno di auto-citazioni (struttura, tematiche, design, snodi narrativi), ma l’attenzione deve andare invece sulle citazioni e la finalità. Così facendo si scopre che l’ultimo film di Hayao Miyazaki è ancora più testamento del precedente e che in profondità è un’opera sulla Vita, perché solo in prossimità della Morte si apprezza davvero la bellezza dell’essere vivi (Nicola Rakdej).

Anora - poster

Anora – Sean Baker

Dopo Un sogno chiamato Florida e Red Rocket, Sean Baker continua il proprio saggio sull’essere umano posto a confronto con una dilagante discrepanza sociale tra poveri e ricchi, sognatori e disillusi, giovani e vecchi. Lo fa con Anora, ottovolante cinematografico vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2024 capace di conquistare anche il pubblico meno avvezzo a uno stile irresistibile, vivo di un umorismo mai banale, ma sempre coinvolgente e incontenibile (Elisa Torsiello).

La zona d’interesse – Jonathan Glazer

Il male è trasparente, non banale. E in questa trasparenza c’è anche la consapevolezza da parte di Glazer sui limiti del linguaggio cinematografico, per cui un film non può riprodurre il dolore di un’intera comunità ma solo evocarlo, spesso cadendo in una esagerata pornografia del dolore. Un film che lavora per sottrazione, che necessita di essere sviscerato e spogliato del suo guscio prima di essere svelato in tutta la sua crudeltà (Carmen Palma).

Furiosa

Furiosa: A Mad Max Saga – George Miller

Furiosa: A Mad Max Saga è la sintesi definitiva di un racconto epico in grado di rileggere i canoni del blockbuster e restituirli al proprio pubblico di riferimento in una forma più aggiornata, senza per questo ignorare tutto ciò che lo ha preceduto. Il blockbuster più coraggioso di questo 2024 (Davide Cantire).

Povere creature! – Yorgos Lanthimos

Tratto dal romanzo di Alasdair Gray, il vincitore del Leone D’oro 2023 è un film potente, ironico e grottesco, ma soprattutto è un manifesto politico, un’analisi disincantata della società che il regista greco osserva attraverso la lente della fiaba gotica (Carmen Palma).

Los colonos – Felipe Gálvez Haberle

Provare a raccontare la barbarie e la ferocia del colonialismo americano da una prospettiva nuova, fresca e soprattutto visionaria. È quello che riesce a fare in maniera sopraffina e intelligente Haberle in questo lungometraggio rigoroso e sognante insieme, lucido e schietto, con uno stile che rimastica restituendoli alla sua maniera le simmetrie alla Wes Anderson e le esplosioni di violenza alla Tarantino (Davide Cantire).

I delinquenti – Rodrigo Moreno

Perché lavorare tutta la vita a una paga misera quando con un solo colpo ben orchestrato si può racimolare la stessa somma e poi vivere sereni dopo appena pochi anni di galera? Parte da questo bizzarro espediente questa commedia umanissima e sognante di Rodrigo Moreno che nel tratteggiare dei protagonisti con cui instaurare una profonda empatia, delinea anche un lucido pensiero sulla vita e i sogni che la contraddistinguono, prendendo spunto da uno dei maestri letterari come Borges. Un film che parla della vita stessa, delle sue sfumature, di desideri che nascono, si alimentano e infine sfumano come sabbia al vento (Davide Cantire).

Amore a Mumbai (All We Imagine as Light) – Payal Kapadiya

Ancora tre donne in un contesto che il cinema indiano sta cominciando a esplorare a fondo, rendendo evidente la scollatura con l’Occidente e manifestando la volontà di emancipazione che oggigiorno è sempre più dichiarata anche grazie all’influenza social e alla mancanza di barriere digitali che fanno sì che quelle fisiche si assottiglino sempre più. Al suo secondo film, il primo di finzione, Kapadiya restituisce un film dolcissimo e amaro a un tempo, elegante ma anche fortemente sensuale (Davide Cantire).

Vermiglio – Maura Delpero

Al suo secondo film, Maura Delpero costruisce quella che solo all’apparenza è una storia semplice, che invece nasconde una stratificazione che viaggia su più binari per restituire allo spettatore non solo diversi personaggi a tutto tondo, ma anche un microcosmo, un ambiente, una dinamica famigliare che diventa universale. Partendo da un soggetto profondamente personale, la regista riesce a scavare nella memoria collettiva, risvegliando coscienza e umanità di un intero popolo (Davide Cantire).