Kirkes: un approccio valoriale diverso per il mondo della ginnastica
Una scuola di acrobatica, ideata da atlete in fuga da contesti tossici, per creare un ambiente diverso L'articolo Kirkes: un approccio valoriale diverso per il mondo della ginnastica proviene da Valori.
La storia dal futuro di oggi si chiama Kirkes: una scuola di acrobatica, arti performative e circensi rifugio per atlete in fuga da contesti di violenza.
Secondo i dati forniti dall’associazione Change the Game, quattro bambine o bambini su dieci hanno subito violenza nel corso della propria carriera sportiva. L’organizzazione offre supporto legale e terapeutico alle vittime di abusi sessuali, fisici o emotivi in contesti agonistici. I dati dell’indagine qualitativa e quantitativa riferita alle giovani atlete e ai giovani atleti in Italia raccontano di una tossicità per troppi anni taciuta. E solo di recente diventata di dominio pubblico.
La violenza nella ginnastica
Chi frequenta le palestre, chi fa ginnastica, lo sa come funziona: i commenti sul peso, le pubbliche umiliazioni, il preteso controllo su ogni aspetto della vita dell’atleta sono ritenuti la norma. Il quadro valoriale è tanto distorto quanto accettato: solo da qualche anno si riesce a definire come abusanti i comportamenti he hanno influenzato la vita di chi partecipa a certe discipline. Spesso anche molto dopo averle lasciate.
Il primo report sul tema riporta l’esperienza di 1.446 atleti. Il 38,6% ha raccontato che, da minorenne, ha subito almeno una violenza nel corso del proprio percorso sportivo. Nel 30,4% dei casi si è trattato di violenza psicologica; nel 18,6% di violenza fisica; nel 14,5% di negligenza; nel 10,3% di violenza sessuale senza contatto e nel 9,6% di violenza sessuale con contatto. Il 19,4% del campione ha dichiarato di essere stato vittima di violenze multiple.
Il tema da noi è divenuto attuale all’indomani della denuncia di tre atlete appartenute, in fasi diverse, alla Nazionale di ginnastica ritmica. Le tre Farfalle hanno raccontato di aver avuto disturbi alimentari: nel Centro federale di Desio (Monza e Brianza), dove la nazionale si allena, mortificare le ragazze per il loro peso era parte integrante del “metodo” di allenamento. La denuncia ha generato un effetto a cascata da cui è nato un processo sportivo che pareva essersi concluso a febbraio scorso ma che, per l’opposizione formale di una delle ginnaste e per nuovi elementi emersi, è risultato da rifare.
Prendere solo il bello, lasciare fuori il resto
Kirkes è nata proprio da una serie di atlete che volevano lasciarsi alle spalle abusi, violenze e mortificazioni, senza dover lasciare le discipline che amavano. La direttrice artistica, Serena Bioschi, non lo aveva pianificato. Laureata in lettere classiche, ricercatrice universitaria in storia, dedicava il proprio tempo libero alle arti acrobatiche. Un giorno ha deciso che voleva che quella diventasse la sua vita, ha mollato scrivania e accademia. «Kirkes – racconta – è nata nel 2017 a partire dal desiderio di una serie di atlete di prendere tutto quello che di bello c’è nella ginnastica, e lasciarsi alle spalle la parte tossica». «Sono ambienti molto competitivi – spiega – in cui si richiedono standard di perfezione che hanno costi emotivi e psicologici molto alti»
Kirkes: un approccio valoriale orientato alla cura e alla relazione
Le attività sono iniziate da un nucleo di 30 o 40 partecipanti. In larga parte bambine ma non mancavano atlete adulte, in fuga da altre palestre. In sette anni e con di mezzo una pandemia, l’utenza è più che quadruplicata, ed è nata una compagnia professionale che tiene spettacoli. «Quello che ci contraddistingue dalle altre realtà del settore, che poi è anche il nostro appello proprio a queste realtà, è l’utilizzo di un approccio sperimentale», mi ha detto al telefono. «Quando lavori con bambini e adolescenti, soprattutto quando lavori con il corpo, devi avere una enorme capacità di metterti all’ascolto. Provenivamo tutte da ambienti traumatici, i bisogni dell’infanzia, dell’adolescenza e delle giovani donne per noi sono stati la base».
Tutto il piano dei corsi pre-professionali, che impegnano larga parte del tempo delle giovani atlete, è supportato da una rete di psicologi. Kirkes inoltre lavora in sinergia con la fondazione Mondino, che si occupa di neuropsichiatria infantile, ascolto e intercettazione del bisogno nell’adolescenza. Proprio nel centro diurno della fondazione, la scuola ha attivato un laboratorio di teatro fisico; nella comunità per disturbi del comportamento alimentare afferente alla fondazione, un laboratorio di yoga. «Questo – mi spiega Serena – è l’aspetto della nostra realtà di cui vado più fiera: l’approccio valoriale orientato alla cura e alla relazione».
Il piano didattico
Se all’inizio si insegnava solo acrobatica aerea, adesso il piano didattico abbraccia tutto ciò che riguarda il teatro e la performance fisica. «Abbiamo diversi corsi – racconta Serena – a partire da quello pre-professionale, che indirizza giovani al professionismo nella performance fisica e artistica». Ma ci sono anche i già menzionati corsi di yoga, quelli di agonistica a diversi livelli (base, intermedio, avanzato) e c’è Palline, il corso dedicato ai più piccoli e alle più piccole (under sei) che mira allo sviluppo della psicomotricità attraverso una serie di attrezzi come trampolini elastici, clavette, nastri, palle.
L’utenza è variegata. I corsi per le più giovani raccolgono bambine in età prescolare provenienti da tutta la periferia meridionale di Pavia dove, mi spiega Serena, non c’è grossa offerta alternativa per questa specifica fascia d’età. Per i corsi più impegnativi Kirkes è frequentata soprattutto da giovani provenienti da famiglie di estrazione socio-economica medio alta spesso, mi dice Serena, si tratta di «ex agoniste sofferenti e ferite da ambienti tossici».
Il nuovo spazio e il giardino verticale
Da quest’anno la comunità di Kirkes ha, per la prima volta, un proprio spazio, a uso esclusivo. Serena ne è entusiasta: «È progettato interamente intorno alle nostre esigenze, ne abbiamo ideato addirittura il tappeto danza, che ha la dose di elasticità e resistenza ideale per le nostre discipline. Ci sono gli agganci aerei, una piccola saletta di yoga, l’area lounge con la cucina, che è anche uno spazio di condivisione in cui organizziamo eventi, feste. E dove ragazze e ragazzi possono fermarsi a studiare, chiacchierare, e che devono sentire proprio».
Al nuovo spazio è legato anche il progetto di un giardino verticale, realizzato sulla parete esterna. L’idea è stata sviluppata con il dipartimento di Scienze della terra e dell’ambiente e con quello di Ingegneria edile e Architettura dell’Università di Pavia. Sarà realizzata grazie al supporto di Itas Mutua e a un crowdfunding su Produzioni dal Basso.
Il nuovo giardino avrà un impatto ambientale, visto che rinfrescherà gli ambienti interni d’estate, ma lo scopo è innanzitutto divulgativo. «La parete aprirà lo spazio a laboratori sulle piante, l’importanza della biodiversità, gli impollinatori, le questioni ambientali». La scuola, spiega Serena, si trova in un’area industriale e in un contesto con poca offerta culturale e di sensibilizzazione: «Avere uno spazio con una parete verde esterna, in cui si organizzano attività per tutte le fasce d’età, è un esperimento interessante».
Progetti per il futuro
La realizzazione della parete e dei laboratori è solo una delle tappe del percorso che Kirkes sta disegnando. Ci sono diverse attività, già in essere o che vedranno presto la luce, che rafforzano la direzione della scuola. C’è Leggère, il progetto realizzato con la libreria per bambini e ragazzi La Civetta Azzurra che, ogni due mesi, donerà alla biblioteca dell’area lounge un libro per ogni fascia d’età. C’è la collaborazione con la Fondazione Mondino, con cui adesso si progetta la messa in scena di uno spettacolo sul benessere emotivo ideato insieme alle pazienti della comunità per disturbi del comportamento alimentare.
E c’è il grande sogno, confessa Serena, di una vera e propria Accademia della Arti performative, una scuola professionalizzante full time, che rilasci un diploma e in cui si possa imparare la professione, non solo quella della performance artistica ma anche fonìa, scenografia, regia e tutti i mestieri relativi all’arte.
Una storia dal futuro
Al di là del versante artistico, spiega Serena, «il nostro interesse è raccogliere il disagio, il bisogno, e canalizzarlo nel teatro fisico, ma potrebbe andare bene qualsiasi altra forma d’arte». Questa, mi spiega, «è quello che sapevamo fare e che abbiamo messo a disposizione, ma se fosse stata pittura o poesia, per esempio, non sarebbe cambiato nulla. Il punto è individuare un canale espressivo attraverso il quale entrare in contatto con i problemi dei più giovani».
«Per questo – conclude – siamo una storia dal futuro. Il linguaggio con cui ci esprimiamo parla di contemporaneità, delle questioni che interessano alle nostre allieve e ai nostri allievi, e oggi sono questi ma magari domani saranno cambiati. Vogliamo essere una storia dal futuro nel senso che speriamo che, in futuro, tutte le ASD APS come noi facciano lo stesso: si mettano all’ascolto del pubblico, a prescindere dall’ambito di cui si occupano».
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